Grégoire Cador
Sulle orme di Fratel Carlo,
Baba Simon
sacerdote diocesano
e fratello universale.
Esercizi spirituali
per le fraternità sacerdotale Jesus-Caritas d'Italia
Ascoli Piceno
- Novembre 2003 -
Nota bene :
Le note citate in francese con il titolo de l'opera di Carlo de Foucauld seguito di un unico numero rinviano a l'edizione Francese delle "œuvres spirituelles en 15 volumes" dalle Edizioni Nouvelle Cité. (Sono citate dal libro di Michel Lafon : Prier 15 jours avec Charles de Foucauld, Nouvelle Cité, Montrouge, 1998.)
Sulle orme di Fratel Carlo,
Baba Simon,
sacerdote diocesano
e fratello universale
SCHEMA DEGLI ESERCIZI
0. Introduzione
1. "Nello spirito di Fratel Carlo"
Baba Simon, Testimone vivente
- Elementi biografici
2. "A causa di Gesù e del Vangelo"
Uno certo sguardo sull'uomo e su se stesso
- La fede di Baba Simon
- L'incontro del Dio prossimo
- L'ascesa - discendente di Baba Simon
- Camminare con Gesù
- Vedere Dio e gli uomini come Gesù le vedeva
- La fraternità, prima di tutto !
- La gioia dell'umiltà
3. "Per essere fratelli di tutti gli uomini"
Una certa idea del dialogo e dell'incontro
- "Solo gli imbecilli non cambiano parere"
- Scoperte e conversione dello sguardo
- Che significa dunque annunziare Gesù Cristo ?
- Un dialogo senza astuzia per fare proseliti
- Relazioni di amicizia e di vera fraternità
4. "Abbandonandoci al Padre"
Gesù è l'uomo rivelato a se stesso !
- La preghiera dell'abbandono
- Lasciare Gesù agire in noi
- Aggrapparsi a Dio
- Un abbandono attivo
- Gettarsi in Dio sorgente di vita
- Un impegno senza riserva per la dignità dell'uomo
- Gesù è l'uomo rivelato a se stesso
- L'ascesa dell'uomo in Gesù
- Dare la Parola agli uomini
- Lasciare che il Cristo si riveli a chi vuole e come vuole
- Cercare il volto di Cristo
- Non mostrare Cristo prima di tutto, ma servirlo in tutti
5. "Nel cuore del Mondo..."
Una povertà reale,
ma una lotta accanita contro la miseria
- Più gioia dare che ricevere
- La miseria è la nemica di Dio
- Il prete non è "un monsieur" (signore)
- Non confondere povertà e miseria
- Dio giace nel uomo chiamato a svilupparsi
- Evangelizzazione - Sviluppo
- Ogni uomo è capace di crescità
- Bere l'acqua sporca, non è Gesù Cristo
- Gonfiare il pallone
- Una fraternità capace di costruire il mondo
- Noi siamo tutti sulla medesima strada
- Unea povertà degna del Poverello
- La scuola, chiave per la vita
- Fare dell'uomo una "riuscita" di Dio
- Une castità che fa crescere
- Servitori dell'azione del Signore
- L'umiltà, encora una volta
6. "Nel cuore... della Chiesa"
Baba Simon, prete diocesano
- Una vita unificata dalla carità pastorale
- Breviario, Messale e Agenda !
- Preghiera in azione
- Il "messaggio evangelico" di Fratel Carlo
- Ministro della Parola
- Ministro dei sacramenti et dell'Eucaristia
- La preghiera di Baba
- "Capo del popolo di Dio" pieno di umiltà
- Le sue relazioni con il vescovo, con gli altri preti, con i laici
- Umiltà e ubbidienza
- La scelta del celibato consacrato
- La povertà volontaria
- Lasciare Gesù perseguire in noi la vita ch'egli ha cominciata
- Primo Fidei-Donum camerunese
- Dialogo con le religioni non-cristiane
- Desiderio di inculturazione
- Giornate di deserto
- Vivere in Dio
7. "Una vita offerta e feconda"
Baba Simon, luce del nostro cammino
- L'uomo è la strada della Chiesa
- E padre del nostro Spirito
- Dio ci stupira sempre
- Sorgente d'ispirazione
- Il Signore ci chiama non per lasciarci tranquilli
- Centralità di Gesù Cristo
- Lo stesso amore per Dio e per il prossimo
- L'imbecille guarda la dità
Sulle orme di Fratel Carlo,
Baba Simon,
Sacerdote diocesano e fratello universale
Gian-Antonio m'ha richiamato per inttratenervi su Baba Simon e Carlo de Foucauld. Non so se conoscete Gian-Antonio bene, ma nella sua gentilleza e, ognitanto, un pò inconsapevole ! Beati gli incoscienti, fanno cose che gli altri non avreberro mai immaginite !
Affidarmi un tale compito rilieva della sfida...
Mi giustifico in cinque punti più uno ! :
1. Sono francese (anche se ho studiato cinque anni a Roma... Vent'anni fà !)
2. Non sono socio delle fraternità Jesus-Caritas (abche se ne sono un amico man mano più interessato)
3. Il ritiro spirituale se svolge ad Ascoli Piceno, e io, risiedo in Africa. (Anche se nell villagio stesso dov'è vissuto Baba Simone nelle ultime quindici anni della sua vita terrena)
4. Sono un peccatore (ma su questo punto, siamo tutti uguali, anche se forse come lo dice un umorista francese : "ce ne sono alcuni che sono piu uguali dalli altri !")
5. Non sono per niente un specialista di Carlo de Foucauld (anche se sono sempre stato interessato dalla sua figura fin dal momento in qui ho letto il famoso libro di René Bazin "Carlo de Foucauld, esploratore in Marocco, eremita nel Sahara"
6. L'unica ragione pottrebe essere che sono stato veramente sedotto dalla figura di Baba Simon, che splenda sulle communità cristiane del Nord-Camerun ed illumina il cammino del sacerdozio diocesano, innanzitutto africano, ma anche universale... E che viene molto a proposito per quelli che cercano in qual modo essere, nel cuore del Mondo e della Chiesa, fratelli universali, a causa di Gesù e del Vangelo, abbandonandoci al Padre...
Ecco perchè sono arrivato fino qui, e vorrei, magari, ringraziarvi di avermi dato quest'opportunità o piuttosto quest'obbligo...( è spesso l'obbligo che ci fa prendere il tempo per le cose gratuite che nondimeno sono le unice cose che hanno valore d'eternità) Vi ringrazio, dicevo, di avermi dato quest'obbligo di fare ricerche et di aprofondire il solco della relazione tra Carlo de Foucauld e Simone Mpeke il quale avete già l'abitudine di chiamare Baba Simon. (Sara dunque cosi che lo chiamero adesso a lungo dei cinque giorni che passeremo insieme.)
Già, all'inizio, voglio dare la parola a Fratel Carlo che dice :
"Guardiamo i santi, ma non attardiamoci nella loro contemplazione, contempliamo con essi colui la cui contemplazione ha riempito la loro vita. Approfittiamo dei loro esempi, ma senza fermarci a lungo né prendere per modello completo questo o quel santo, e prendendo di ciascuno ciò che ci sembra più conforme alle parole e agli esempi di nostro signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù."
Simon e Carlo ci aiuteranno a contemplare Cristo stesso, tramite, il lavoro ch'a fatto in loro due. Non si trattà di paragonare Simon e Carlo, il che sarebbe molto pericoloso. Si tratta di personaggi che sono vissuti a cinquant'anni di distanza e in contesti verammente diversi, anche se i loro percorsi geografici più volte s'incontrano : Francia, Algeria, Israele...
L'uno, aristocrate ed ufficiale nel esercito francese, l'altro pur essendo legato alla famiglia reale di Edéa, istitutore divenuto uno dei primi sacerdoti del suo paese...
Cio che predenremo in considerazione sara dunque piuttosto l'attegiamento loro alla volontà di Dio e le consequenze di quest'attegiamento...
Vedremo che una certa maniera di accogliere il messagio evangelico porta i stessi frutti in tutti e dapertutto...
Sarà forse una delle radice di questa famosa fraternità universale la quale avremmo l'occasione di parlare molto...
L'archivio e la letteratura diponibili a proposito di Carlo de Foucauld sono "inversamente proporzionale" a quelli disponibili a proposito di Baba Simon... Ha pochissimo scritto e sto facendo la raccolta della sua corrispondenza... Ma la sua vita era come un libro aperto. Come lo dice Ahmadou Hampaté Bâ : "In Africa, un vecchio che muore è una bibliottecca che bruccia."... Sarà dunque sulle numerose testimonianze vissute che m'appoggiero... Queste testimonianze sono state raccolte fin dal 1975, anno della morte di Simon, da Mgr de Bernon il suo vescovo del epoca. Poi dopo a cura mia in quanto postulatore della causa di beatificazione richiesta da Mgr Stevens, attuale vescovo di Maroua.
Prima magari di cominciare, vorrei qui ringraziare alcune persone. Sara occazione di esprimere la nostra communione con loro nella preghiera di questa settimana :
- I parrochiani di Tokombere che m'hanno lasciato fuggire due settimane per portare avanti la figura del nostro amatissimo antenato Baba Simon...
- Mgr Stevens per la fiducia che m'accorda nella missione di portar avanti la causa di Baba Simon e di condividere con voi il nostro amore comune della missione sulle orme di Baba Simon.
- Don Maurizio Bouvier, postulatore della causa di Carlo de Foucauld per i suoi preciosi consigli bibliografici.
- GianAntonio per la sua pazzia intraprendente !
- E, finalmente Don Piermario Brignone che ha riletto il mio lavoro per aiutarmi a non troppo "spaventare le orrechie vostre" ! Finisco dunque leggendo le qualche linee che vi ha indirizzate :
«Ciao a tutti. Forse qualcuno di voi mi conosce, perché facevo parte di Jesus Caritas a Saluzzo. Sono molto contento che possiate conoscere Baba Simon. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo ancora “de visu” per più di due anni e lo stimo molto.
Per una felice coincidenza, da tre anni, abito e lavoro in un centro di formazione che si chiama proprio “Village Baba Simon”, un centro aperto nel 1976, cioè un anno dopo la sua morte. Penso che sia la prima delle istituzioni, diventate poi numerose, che portano il suo nome.
Quando penso a Baba Simon mi viene in mente il paragone della spugna immersa nell’acqua, che poi lascia colare acqua. Baba Simon era una spugna immersa nel vangelo, che poi colava da tutta la sua vita. Lo ricordo come un uomo felice, contento di vivere, che ama Dio e ama ogni persona.
A voi auguro di immergervi per qualche giorno completamente nel Vangelo, aiutati da Fratel Carlo, da Baba Simon, e da Grégoire. Ciao e buon ritiro! Piermario.
"Nello Spirito di Fratel Carlo"
Baba Simon, testimone vivente
Mi pare che, prima di entrare nell'analisi della spiritualità di Simon Mpeke, per capire meglio la sua personalità, può essere utile farne una presentazione biografica. Sara dunque il mio primo intervento.
Alle soglie del Novecento, nel villaggio di Batombè, presso Edéa, sulle sponde del fiume Tsanaga, in Sud Camerun, nasce Mpeke. Figlio di Yomba e di Ngo Epouhe. Primogenito della coppia di agricoltori-pescatori, come lo sono quasi tutti in questa zona della foresta tropicale, Mpeke, nella linea paterna, è legato alla famiglia reale di Edéa. Ma questa appartenenza non gli dà nessun privilegio né vantaggio.
La mamma morirà cristiana dopo aver partorito un altro figlio e una figlia. Non si sa esattamente se è morta presto o se ha potuto accompagnare la crescita del suo Mpeke... Pare che fosse già morta quando Simon fece la domanda di entrare in seminario...
Il papà, invece, non è cristiano, ma apprezza l'ideale di servizio e la gentilezza dei missionari tedeschi (siamo ancora nel Camerun tedesco) i Pallottini, che, dal 1890, hanno cominciato l'evangelizzazione cattolica della parte Sud del Camerun per sbarrare la strada agli eretici della missione evangelica americana arrivati prima a Duala, e ai mussulmani del Nord.
Gli anziani hanno capito che scuola significa avvenire e libertà. Yomba dunque, appena arrivata l'età richiesta manda suo figlio alla scuola della missione, anche se dovrà percorrere una dozzina di chilometri al giorno.
Mpeke, affascinato dai missionari, chiede molto presto di essere battezzato. Ma la storia decide altrimenti... Infatti siamo nel 1914 e sappiamo che la follia guerriera, dopo aver incendiato l'Europa intera ha ramificazioni anche nelle colonie africane...
Nell 1916, il Camerun tedesco è spartito tra la Francia e l’Inghilterra. Sono i cappellani militari francesi che man mano riescono a rimettere in piedi le missioni di Edéa e della sua regione. Il problema è : Come continuare l'evangelizzazione iniziata in lingua tedesca ? Non ci sono molte soluzioni. Il lavoro sarà affidato ai missionari Spiritani, che hanno tra di loro molti che provengono dall’Alsazia, e parlano bene il tedesco come il francese...
Alla fine del 1916 Mpeke potrà dunque riprendere la scuola e la formazione catecumenale in vista del Battesimo.
Supera in modo brillante l’Esame finale della Scuola Elementare nel 1917 e, come la maggior parte di questi primi studenti del Camerun, è scelto per diventare maestro di campagna.
Nel 1918, Mpeke riceve finalmente il battesimo sotto il nome di Simon. Ricorda questo giorno come un giorno di grande gioia. Riceverà la cresima due anni dopo quando, insegnando alla scuola elementare della missione principale di Edéa, aveva fatto la conoscenza di Monica, con la quale aveva un progetto di matrimonio.
Ma non sapeva ancora che Dio aveva un altro progetto...
Un bel giorno del 1920 o 1921, arriva a Edéa una rivista missionaria con delle fotografie di un sacerdote senegalese. Queste foto hanno avuto un effeto favoloso sui giovani maestri della missione, già buoni cristiani seguiti dal famoso Thomas Omog, uno dei primi cristiani e vero capo fila della nuova gioventù cristiana rinascente.
Questi maestri si dicono : “Quindi è possibile per un nero diventare prete ! E’ fantastico; cambia l'orizzonte spirituale di questi neofiti...
Monica dovrà accettare. E’ chiaro che, se è possibile diventare prete pur essendo nero, Simon, insieme a 3 altri compagni, sarà prete ! In fin dei conti, Monica sposerà un cugino di Simon, Yomba Pep... Monica, rimasta poi vedova, è morta due anni fa, con un ricordo molto vivo del suo Simon !
Dobbiamo dire che all'epoca in Camerun non tutti sono d'accordo sulla prospettiva e la possibilità che ci sia un clero indigeno... Nonostante il richiamo molto preciso di Papa Benedetto XV : "La formazione di un clero indigeno deve essere una delle principali preoccupazioni di ogni direttore di missione." [1]
Alcuni,anche tra i missionari, abitati ancora da residui di una mentalità razzista, hanno paura di una presunta indisposizione della mente africana agli studi filosofici e teologici.
Il padre Yung, direttore[2] della missione di Edea, invece, è molto favorevole e incorragia quei giovani che sono entusiasti, aiutandoli ad acquisire le basi necessarie per il seminario.
Sarà Mgr Francesco Saverio Vogt, nominato Vicario Apostolico di Yaoundé nel 1922, a far sorgere veramente i seminari, prima il minore, poi il maggiore, coll’aiuto di un clero ridotto al minimo. (4 sacerdoti spiritani per 26.000 cattolici sparsi in 220 posti missionari, su di un territorio vasto quasi come mezza Italia.)
Un’altra difficoltà viene dall'opposizione della famiglia di Simon. Abbiamo già visto che la mamma era morta qualche anno prima, ma il papà di Simon, insieme al papà di Oscar Misoka, un altro dei ragazzi interessati, anche se non capivano bene tutte le sfumature e la portata di una tale decisione, non vedevano di buon occhio i loro ragazzi prendere questa strada. Avevano su di loro altri progetti... Erano i primi diplomati e, facendo parte della famiglia reale, potevano sognare carriere molto più interessanti.
Papà Yomba morì prima dell’ingresso di suo figlio in seminario. Era stato battezzato alcuni mesi prima o forse pure sul letto di morte...
E’ nel 1924 che Simon, insieme ad altri cinque giovani di Edéa, comincia il seminario a Yaoundé, a 200 Km da Edéa. Lì s'incontrano con altri 19 ragazzi, venuti da diverse missioni del vicariato.
Mgr Vogt si prende personalmente cura della vita del seminario. Come fare altrimenti? Ma è molto difficile mettere insieme lavoro pastorale e accompagnamento di un seminario minore. Non sa più dove sbattere la testa, tanto più che, l'anno dopo, il numero dei seminaristi è salito a 45...
In seminario Simon è riconosciuto come un elemento molto buono, a cui si possono affidare anche compiti delicati. E’ incaricato di accogliere i nuovi arrivati e di guidare i loro primi passi... E’ uno studente dotato e la sua intelligenza viva si apre alle sfumature della filosofia e della teologia...
Già in seminario i superiori notano la disposizione di Simon per la preghiera e la sua tendenza ad esagerare le mortificazioni. Il suo modello era Mgr Vogt, spiega uno dei suoi compagni di seminario e Mgr. Vogt aveva molta fiducia in Simon e ne aveva fatto il suo cameriere e quasi segretario e bibliotecario privato.
Ad un certo punto viene richiesto un visitatore da Mgr Vogt stesso, per verificare le capacità degli studenti a proseguire gli studi. Infatti molti missionari dubitano di questa capacità. Il padre Keller, poiché è di lui che si tratta, venuto dal Seminario Francese di Roma, scrive nel suo rapporto al superiore generale degli Spiritani :
"Mi aspettavo di trovarli più o meno inabili per gli studi filosofici ; mi sbagliavo. E verò che qualcuno ha difficoltà a captare le astrazioni della logica e dell'ontologia. Ma di teste dure ne troviamo dappertutto nei seminari. La metà di loro è abbastanza buona e i migliori, almeno due, non sono da meno dei migliori alunni dei nostri scolasticati di Francia. E quanto alla pietà ? Sono lieto di poterle dire, Monsignore, che non sono solo contento, ma edificato dalla vera e profonda pietà che regna nel seminario maggiore. Vi regna una preoccupazione di perfezione morale, di vita interiore e di orazione che non pensavo di trovare in questi neofiti che non hanno avuto la formazione dei nostri seminaristi e, nonostante questo, non stonerebbero nei nostri scolasticati. Non ho trovato nemmeno quell’orgoglio che molti temono presso gli indigeni appena hanno ricevuto un po’ di istruzione. Sono modesti, ubbidienti, sottomessi ai loro superiori.
E’ da notare che tra i due di cui parla padre Keller c'é il nostro Simon.
Negli ultimi tre anni del seminario, per diverse ragioni, saranno i Benedettini della Svizzera tedesca ad avere cura del seminario. Il loro rapporto con i seminaristi diventa difficile a causa del loro modo di fare. Non esitano ogni tanto a chiamare i seminaristi "negri", o a dire che sono troppo stupidi per capire la filosofia... Simon è segnalato da Mgr Vogt, nel suo diario, come uno di quelli che cercano di calmare le acque.
Finalmente Simon, insieme ad altri sette seminaristi, è ordinato sacerdote l'otto dicembre 1935. E’ il primo gruppo di sacerdoti camerunesi. Quattro sono ordinati per il vicariato di Douala; tra di loro c’è il nostro Simon. Gli altri quattro per il vicariato di Yaoundé.
Comincia così la storia del clero camerunese...
Dopo alcuni mesi passati ancora in seminario, questi primi sacerdoti sono mandati in campagna, insieme ai Padri Spiritani incaricati di continuare la loro formazione sul posto di lavoro.
Simon è mandato a Ngovayang per aiutare il giovane Padre Sohler, quasi della sua stessa età, per far rinascere quella parrocchia caduta molto in basso. Infatti il parroco precedente, Padre Le Faucheur non era riuscito, nonostante la presenza e l’aiuto del suo giovane viceparroco Sohler, a fare l'unità tra i diversi gruppi etnici della parrochia e la divisione faceva vittime e disastri anche in mezzo ai cristiani.
L'arrivo del giovane Simon, pieno di zelo come il suo confratello francese, rasserena il nuovo direttore della missione come le chiamavano all'epoca. : "Così, in due, potremo combattare la buona battaglia per la gloria di Dio."
Di fatto la parrochia rinasce letteralmente : "Risveglio delle coscienzie addormentate, nuovo ardore nei catecumeni, ritorno di altri diventati protestanti. Viva don Simon !" scrive padre Sohler nel diario parrocchiale... Simon, nonostante la sua giovane età è nominato vicecappellano del giovane noviziato delle suore indigene. Questo dice la fiducia che i superiori avevano in lui.
A Ngovayang, Simon impara a camminare per il Vangelo : "Sono belli i piedi di quelli che anunziano la Buona Novela…", è sempre per strada. Fa delle "tournées" che lo portano, a volte anche per settimane, ai confini dell'immensa parrocchia. Tutto questo, lo fa a piedi, approfittandone per fare penitenza : "Figlio mio, per servire Dio si deve sempre fare penitenza" diceva ad un giovane che lo accompagnava nelle sue tournées e che gli domandava perché risaliva le discese due o tre volte prima di continuare il suo cammino...
A Ngovayang, Simon lascia il ricordo di un uomo aperto a tutti, di qualsiasi etnia o tribù, anche aperto ai protestanti (questo, a quell’epoca, era molto originale !). Aveva imparato le lingue in uso nella sua parrocchia, anche quella dei Pigmei, allora considerati come persone inferiori... Li visitava nei loro accampamenti, durante le famose tournées...
Un aspetto molto significativo del suo carattere, che bisogna sottolineare adesso, ma capirete dopo, era il suo odio, rimasto leggendario a Ngovayang, per tutto ciò che riguardava le danze tradizionali; gli sembravano diaboliche e s'infuriava con violenza contro di esse quando le sentiva. Era capace di alzarsi di notte, di attraversare anche un tratto di foresta, per andare sgridare e disperdere la gente riunita per danzare. Prendeva gli strumenti musicali, li rompeva, a volte sulla testa dei suonatori e minacciava maledizioni tremende... Faceva quello che gli avevano insegnato i padri benedettini in seminario.
Un confratello di Simon in seminario non aveva forse scritto : "il prete indigeno, erede di un sangue profondamente viziato da un paganesimo vissuto per innumerevoli generazioni, deve, per purificare moralmente questo sangue, imprimere alla sua anima un movimento di conversione radicale e decisiva..." Simon stesso scrisse nella ricerca di fine studi che aveva fatto sulla religione tradizionale dei suoi antenati Bassa : "Confesso per la mia umiliazione e per la gloria di colui che tira fuori il povero dal letame, che ho personalmente partecipato a questa vita religiosa indigena..." Il letame della tradizione !
Nonostante questo, la sua spiritualità cresce nel confronto col suo confratello, nelle sue notti di preghiera passate talvolta in ginocchio e nel modo di predicare : "La sua parola era d'oro" diranno di lui le suore che l'hanno conosciuto allora. (Crisostomo !)
Il suo parroco vede in lui "un vero fratello nel quale ho fiducia cosi come in un confratello." Ancora lì bisogna ricollocare quest'affermazione nel contesto pocco faverole agli indigeni del epoca… E questo pure tra i religiosi !
Fino ad oggi, 60 anni dopo la sua partenza di Ngovayang, alcuni vecchi parrocchiani lo ricordano come il migliore prete che hanno avuto nella loro parrocchia... Se avessimo tempo, bisognerebbe fermarsi per sapere ciò che vuole dire "migliore prete"… ma non il nostro discorso adesso !
Nel 1947 un nuovo vescovo arriva a Douala.
Dopo una "tournée" nella diocesi prende delle decisioni radicali. Ha capito che con Simon aveva a che fare con un sacerdote di qualità... Lo chiama per aprire la missione di New-Bell, con un altro missionario spiritano, che starà con lui due anni prima di lasciare la parrocchia tra le mani di Simon, aiutato allora da un altro sacerdote diocesano indigeno. New-Bell è il quartiere cosmopolita e difficile di Douala. Sarà il quartiere nel quale l'agitazione nazionalista si esprimerà tra la violenza e le lacrime, proprio negli anni 50.
A Douala, di nuovo, Simon fa meraviglie. La sua gentilezza e il suo coraggio pastorale ne farà un sacerdote molto apprezzato, tanto dalla gente quanto dai confratelli, sia bianchi che neri... Diverrà presto un prete molto influente nella diocesi. Mgr Bonneau infatti lo nomina nel consiglio episcopale che si riuniva... una volta all'anno ! (Beati tempi !)
Quando si tratta di trovare un coadiutore a Mgr Bonneau, la terna mandata a Roma contiene, al secondo posto, il nome di Simon, nel quale Mgr Bonneau vedeva il miglior prete della sua diocesi, come lo confidò un giorno a un sacerdote francese.
Roma sceglie il primo della lista e ci permette così di essere riuniti qui stasera insieme...
Infatti, se Simon fosse diventato vescovo, non penso che sarebbe mai diventato Baba Simon, che ci riunisce oggi !
Vediamo un po’, adesso, come mai Simon diventa "Baba Simon". Per questo bisogna capire l'incontro tra don Simon Mpeke e la spiritualità di Fratel Carlo de Foucauld.
"Nello Spirito di Fratel Carlo" :
Fin dal seminario, Simon Mpeke aveva espresso, per vivere il Vangelo e seguire Gesù Cristo, il suo desiderio di formare un gruppo di sacerdoti nel contesto della vita diocesana : "Alcuni volevanno formare un gruppo, vivendo come religiosi, intorno al vescovo, ma senza entrare nella congregazione degli Spiritani, mettendo il denaro in commune"... In realtà, voleva rimanere sacerdote diocesano mettendo una base evangelica e spirituale al suo ministero. "Il vescovo controlla l'amministrazione, ma non la vita spirituale. Vorrei qualcuno che controlli e guidi a livello spirituale." [3] confessa un di Simon a un confratello francese di Jesus-Caritas.
Sappiamo che il famoso “Come loro” (Au cœur des masses) di René Voillaume esce nel 1950 e avrà un impatto formidabile su tutti quelli che vogliono ispirarsi alla spiritualità di Fratel Carlo. Se Simon non l'ha letto appena uscito, è chiaro che l'avrà letto qualche anno dopo… Infatti, nel febbraio del 1951, Piccola Sorella Magdalena viene a Douala e, su invito di Mgr Bonneau stesso, incontra don Simon con il quale lancia il progetto di una fraternità operaia a New-Bell. Fratel Jacques Legrand, che accoglierà Simon nel Nord Cameroun 8 anni dopo, partecipa al viaggio e celebra la messa nella chiesa di New-Bell.
Nel 1952 Don Pierre Cimetière, il "vecchio fratello", molto conosciuto tra i "Jesus-Caritas", scriveva ai primi sacerdoti dell'Unione a proposito di fratel Carlo :
"Fratelli che la grazia di Dio ha riunito, venuti da diversi punti della Francia e, fra poco senza dubbio dal mondo intero, non crediamo forse di aver trovato, per nostra grande gioia, e seguendo una nostra grande speranza, colui che sarà forse il santo tipico della nostra epoca ? Così presente, nello stesso tempo, a Dio ed agli uomini, così assetato di contemplazione, e nel frattempo fratello universale portato dall'amore per Gesù, verso i più poveri, verso i più lontani da lui. Non è forse questo che ci ha sedotti in lui, perché rispondeva all'angoscia del nostro spirito e al nostro cuore ? Abbiamo fiducia che ci aiuterà, insieme a coloro che interpretano il suo spirito e cercano la realizzazione del suo ideale, a trovare questa spiritualità che risponda ai bisogni del nostro mondo ed ai bisogni del nostro sacerdozio, ad impegnarci di più, più generosamente e con più efficacia, nella via della perfezione e della santità che richiede la nostra vocazione." [4]
Tale lettera, anche se Simon non l’ha avuta in mano, avrebbe potuto essere scritta da lui stesso, tanto corrisponde al punto della riflessione in cui era all'inizio degli anni 50… Dopo aver frequentato e accompagnato le comunità di Piccole Sorelle di Foucauld, con le quali c’era sintonia, Simon incontrò Padre Voillaume per la prima volta nel marzo 1953, a Douala. L’incontro è molto incoraggiante. Simon ottiene dal suo vescovo un anno sabbatico che passera in Francia e a El'Abiodh, in Algeria dove farà il suo noviziato in vista dell'Istituto secolare. Fin dal 1954 figura nell’Annuario ufficiale dei sacerdoti di Jesus Caritas, allora Unione Sacerdotale dei sacerdoti di Jesus Caritas. Nel gennaio 1956, a Makak (Camerun), alla fine del ritiro predicato da René Voillaume ai sacerdoti diocesani di Douala, Simon, che aveva già fatto il suo noviziato due anni prima, aspettava solo la decisione di alcuni di seguire anche loro questo nuovo cammino; pronuncia i suoi primi voti e diventa il primo responsabile regionale per l'Africa della fraternità Jesus Caritas africana nascente. Nell’ottobre dello stesso anno entra a far parte del Consiglio Internazionale dell'Unione. Svilupperà anche lui quella statura di fratello universale che conserverà fino alla morte…
La sua vera amicizia con Pierre Cimetière e la semplicità della sua testimonianza fanno di lui un fratello universale apprezzato da tutti quelli che lo hanno incontrato ! Diceva a proposito, Jacques Loew, fondatore della scuola della Fede di Fribourg : "Merita il titolo di uomo più formidabile che io abbia mai incontrato !"
Il 23 luglio 1962, Baba Simon, come lo chiamavano allora, partecipando al mese d'Ephrem in Palestina, sarà uno del primo gruppo che pronuncia la consacrazione perpetua, nella basilica del Sacro Sepolcro, davanti al Santissimo, "in un grande desiderio di conformare la loro vita a quella di Gesù Salvatore, ubbidiente fino al sacrificio della croce." Come dice la formula consecratoria. Per chi conosce la storia di Jesus Caritas, la lista è piuttosto edificante : Gabriel Isaac, Henri Le Masne, Jean Leclercq, Pierre Cimetière, Alexandre Guillaume, Simon Mpeke, Marc Person cosi come Paul Antaki et Sévolod Roshko, che utilizzano una formula speciale per i preti di rito orientale.
In seguito alle mie ricerche iniziate quasi 10 anni fa, sono arrivato alla certezza che è proprio la scoperta di Fratel Carlo e della sua spiritualità evangelica, cosi vicina alle sue aspirazioni segrete e antiche, che conduce Simon, prima a mettersi in cammino verso i suoi fratelli Kirdi del Nord Camerun e dopo verso le cime della santità vissuta nella vita quotidiana…
Arriviamo quindi a Tokombere, dove Simon ha potuto esprimere il meglio di se stesso, nascosto nel fondo di un cuore che si è lasciato ferire dall'incontro con l'Altro, riconosciuto negli altri, soprattutto i più poveri…
Il primo di dicembre 1956, anniversario del padre de Foucauld, mons. Bonneau al termine di un giro nel nord del paese si reca a Mayo-Ouldémé, in compagnia di mons. Plumey.
I Piccoli fratelli di Gesù vivono in mezzo alla popolazione Kirdi dal 1950.
I Piccoli fratelli si ponevano da qualche tempo la questione di un annuncio della Parola di Dio più esplicito che quello di una semplice testimonianza di vita.
“…ora che la fiducia è stabilita sono pronti a ricevere il Vangelo. E’ urgente fare qualche cosa per loro; sarebbero necessari dei preti per evangelizzarli” [5]
E’ l’epoca della nascita dei Piccoli Fratelli del Vangelo.
Un giorno il vescovo Bonneau aveva dichiarato a un piccolo fratello:
“ Voi non siete missionari nel senso stretto della parola. Voi vi guadagnate la fiducia delle persone, poi, dopo che avete conosciuto la loro lingua, le persone avranno fiducia; in quel momento sarò molto contento di inviarvi un prete africano come padre Simon. In fondo sogna ognitanto questo servizio e vi conosce bene…”
Dunque è grazie al dialogo reciproco, all’ansia missionaria unita alla stima verso i Piccoli fratelli che abitavano i cuori di Simon e del suo vescovo, che p. Simon Mpeke pensa seriamente di salire al Nord. Mons. Bonneau, spiritano e dunque missionario prima di tutto è impressionato da quello che ha visto al Nord. Ci tiene ad avere con lui Simon, ma ecco cosa gli dice al suo ritorno dal Nord :
“Se fossi giovane, domanderei di andare là…ora non so giudicare il tuo caso per andare al Nord o restare qui”.
In seguito le cose precipitano; la salute del vescovo si aggrava rapidamente. E’ rimpatriato in Francia. Il 27 gennaio 1957 muore di leucemia fulminante. E’ dunque l’ausiliare mons. Mongo a dover gestire il seguito.
Mons. Plumey, fondatore della missione Nord-Camerun Ciad nel 1946, che desidera sempre più l’installazione di un ramo attivo della fraternità dei Fratelli di Gesù a Mayo-Ouldémé, incalza Mgr Mongo per ottenere dei preti camerunesi dell’Unione. Durante questo tempo Simon ritorna da mons. Mongo che gli dichiara :
“ Tu mi domandi di andare nel nord del Camerun ? Non ti permetto di andare , amico mio: sono io che ti invio, perché penso che il cristianesimo in Camerun non sarà solido che quando riposerà su due piedi: il sud e il nord. Ti aiuterò come posso.”
A più di 50 anni una nuova tappa si apre per questo cercatore di Dio. E’ parroco influente della più grande parrocchia di Duala, i suoi amici lo prendono per un pazzo.
Mons. Mongo commentando l’avvenimento dirà :
“Sarà la nostra risposta personale a Fidei Donum , sperando che la Francia, rispondendo all’appello di Pio XII, verrà in nostro soccorso”.
Simon scrive ai fratelli dell’Unione :
“Resterò membro dell’ Unione in mezzo ai Kirdi, meglio comunque chiamarli “pagani” o “non iniziati”… in effetti sono coloro che non sono stati accettati dalla comunità mussulmana. Restano un milione di Kirdi che non avendo accettato di sottoporsi ai mussulmani sono stati cacciati dalle loro terre e dalle loro culture e hanno dovuto installarsi su delle montagne che hanno “raso” per viverci di un suolo molto duro da coltivare”.
Père Voillaume di passaggio a Mayo-Ouldémé nel 1958 si rallegra di un tornante che si annuncia, pensando all’ arrivo di p. Simon Mpeke che si affiancherebbe ai Piccoli Fratelli del Vangelo. Aggiunge :
“Spero che potrà abituarsi e comprendere bene queste popolazioni talmente diverse da quelle del Sud !!”
Arrivato al Nord Camerun, Simon come l'abbiamo visto, non é andato subito a Tokombéré. Ha passato qualche mesi con i suoi "cugini" se possiamo dire, i Piccoli Fratelli di Gesù a Mayo-Ouldémé, dieci kilometri più al Nord…
Ma presto il suo approccio pastorale intraprendente ereditato dai Spiritani del Sud e del inizio del secolo si trova in opposizione quasi totale con quello molto piu lento e prudente dei Fratelli… Arrivano, come lo scrive Simon a Monsignore Plumey, "per non dannegiare la carità" a prendere decisione di camminare in communione ma ciascuno da parte sua…!
Approfita Simon, del progetto del dottore Maggi per spostarsi a Tokombéré. Quel medico, laico zvizzero del Ticino, insieme a Simon, può essere considerato come cofondatore di Tokombéré. Aveva come scopo di fondare ospedali in africa nera. Ne avrà finalmente fondato quattro in diversi posti del Camerun.
Situato nel territorio dell’etnia Mouyang, Tokombéré è conosciuta anche con il nome di Kudumbar, che significa “campo di battaglia”.
Questo nome si spiega per la situazione geografica del luogo. Vasta pianura incassata in un cerchio di montagne, la si attraversava con molta precauzione e mai soli per paura di perdere la vita. Ancora abitata da ogni sorta di animali selvaggi, era piazzata a uguale distanza dei centri di interesse di cinque etnie locali vivendo in autarchia, ciascuna nelle loro rispettive montagne.
Mada, Mboko, Moloko, Mouyang, Zulgo, costituiscono la maggior parte delle etnie locali.
Qualche Foulbé e Mandara si raccoglie vicino al mercato, sola “località” di Tokombéré, ricordando la presenza mussulmana. Malgrado lo scacco del tentativo di islamizzazione forzata, il sultanato di Mora era riuscito ad instaurare un potere sulle popolazioni. I poteri tradizionali era caduti in mano a stranieri non camerunesi o ai capi locali poco scrupolosi e convertiti per interesse alla fede dell’ invasore.
Tutta questa popolazione viveva da molto tempo in incessanti guerre tribali senza grande ampiezza ma che avvelenavano le relazioni .
In questo angolo di terra la vita è illuminata da una fede ancestrale che risale alla notte dei tempi. Dio, unico creatore di tutte le cose, ha affidato la terra e il miglio agli uomini perché vivano e possano moltiplicarsi. Il miglio è segno della presenza amante di Dio in mezzo ai suoi figli.
La sua abbondanza è una benedizione, mentre la sua assenza è l’occasione di numerose domande lanciate verso Dio che sembra abbandonare i suoi. E’ importante essere attenti alle parole dei grandi sacerdoti, aiutati da diversi consiglieri il cui il ruolo è di discernere la volontà di Dio attraverso i segni dei tempi e la pratica di certe forme di divinazione-magia.
I grandi sacerdoti, personaggi eminentemente spirituali e sempre all’ascolto del loro popolo, ricevono regolarmente la visita di Dio che viene ad avvertirgli di ciò che attende per la prosperità dei loro figli. E’ interessante notare che non tirano dalla loro condizione nessun vantaggio materiale e che sono dei contadini come gli altri, rivestiti di un potere spirituale molto importante.
Gli antenati, onnipresenti nella vita degli uomini, ricevono la loro parte di oblazione. La vita morale è regolata, o lo era allora, attraverso sanzioni severe ed erano pochi che cercavano di rimettere in questione l’ordine stabilito.
La vita era ritmata da numerosi sacrifici, i lavori dei campi e le guerre tribali occasionati da problemi di confini dei campi o altro.
Kudumbar era anche un piccolo mercato dove ciascuno poteva trovare ciò di cui aveva bisogno per la vita quotidiana. Un altro vantaggio veniva dall’acqua abbondante… E’ ciò che aveva sedotto il dottor Maggi e l’aveva fatto cambiare il suo primo progetto che era di costruire l’ospedale a Duvangar dai Mofu. Questi ultimi si accontenteranno di un dispensario.
E’ in questo contesto che Simon Mpeke arriva alla fine di dicembre 1959 per cominciare la sua missione di evangelizzazione. Sarà raggiunto molto in fretta dalle suore Serve di Maria, venute poco dopo di lui da Duala. Sarà anche aiutato da un confratello, arrivato il 14 febbraio 1960. Dotato di un miglior senso pratico rispetto a Simon, gli si affidano le costruzioni: cappella, ospedale, scuola…
Simon capisce, grazie anche all’esperienza vissuta dai Piccoli fratelli che il primo passo è incontrare le persone e scoprire la realtà locale.
Ciò non gli fa paura, lui che passava la maggioranza del suo tempo sulla strada e presso i suoi parrocchiani già a Ngovayang e a Duala. Guadagna così la confidenza dei bambini, dei genitori e degli anziani..
Inizialmente gli anziani restano sul chi va là. Pensano che Simon è venuto a portar via i loro bambini per venderli ai Bianchi o per sviarli dalla fede dei loro antenati. E poi la sua scuola…, non va fare di loro dei fannulloni ?
Non è sposato, le donne che lo seguono non sono le sue donne, esse stesse non hanno ancora marito malgrado che sembrino ancora giovani. Tutto ciò è curioso. I protestanti dicono che i cattolici non amano la famiglia.
Diffidenti, sono tuttavia disorientati. Come è possibile che questo straniero mangi ciò che mangiano i Kirdi ? Non è mussulmano, e rispetta i costumi locali, si presenta e si comporta come un uomo di Dio, ma suo sacrificio non è lo stesso che il nostro….Poco a poco gli anziani riconoscono in Baba Simon qualcuno a cui è possibile parlare di cose di Dio…La Parola che propone, poi, non sembra rompere la tradizione ma permetterle di crescere, allora…
"A causa di Gesù e del Vangelo"
Un certo sguardo sull'uomo e su se stesso
"Era molto felice, non si può negare, si vedeva… I suoi occhi erano splendenti di calma e di gioia" dicono di Fratel Carlo i testimoni che l'hanno incontrato.
Basta vedere le foto che abbiamo conservato di Baba Simon per capire che anche lui era un Vangelo vivente. Aveva una faccia da salvato, come dice Nietzche che insorge contro i cristiani che non hanno una fede comunicativa. I suoi occhi maliziosi e fiduciosi mettevano tutti a loro agio e potevano risolvere tanti problemi… Anche se Simon diceva di sé, scrivendo a una religiosa che gli chiedeva come viveva unito a Dio :
"Prima di tutto, ti devi convincere che non sono che un povero uomo, un povero peccatore, punto e basta. E’ così che mi vedo nella luce di Dio. Mi dispiace se la mia apparenza esterna è così diversa da come sono dentro. Senz'altro sarà questo che ti ha indotta in errore." [6]
Lo sguardo di Simon aveva la sorgente nella sua contemplazione fedele, fin dall'infanzia, di Gesù Figlio amato dal Padre e totalmente rivolto verso di lui.
L'incontro con la Bibbia poi, lo fa progredire man mano nella sua comprensione di Gesù :
"Rimasi stupito il giorno in cui ho scoperto, grazie alla Bibbia, alla teologia e alla filosofia di San Tomaso, che Dio vive in noi e che è lui che ci fa vivere. San Tomaso arriva a dire che Dio è nell’intimo di noi. Fui stupito da queste parole della Bibbia: Dio dice a Mosé « Cammina alla mia presenza » e Gesù dice agli Apostoli : « Rimanete in me e io rimango in voi ».[7]
"Gesù e il Dio prossimo" diceva spesso Baba Simon ai suoi collaboratori a Tokombéré.[8]
Possiamo dire che Simon è sempre stato un contemplativo; alcuni dicono che sarebbe stato suo padre ad aver allenato la sua mente alle cose della religione, anche se nella religione tradizionale del villagio.
"Io pratico una mistica africana, vedere Dio in tutto. Sai ben che da noi si attribuisce una causa a tutto e sovente una causa che non si vede, sia per la malattia che per la morte, per gli avvenimenti della vita e anche della natura. Mio padre lo faceva e si comportava di conseguenza, consultando l’indovino, facendo dei sacrifici, ecc… Il giorno in cui, grazie al Vangelo, ho saputo che nemmeno un uccellino muore senza che Dio lo permetta, che nemmeno un capello cade senza il permesso di Dio, ho avuto come una visione dell’azione di Dio nel mondo. Allora ho tralasciato le cause secondarie e ho cominciato ad adorare il Dio invisibile che vedevo, per così dire, in tutti e in tutto." [9]
Quando era al seminario minore, un giorno, racconta nel diario, dopo la lettura della passione di Gesù, Simon era così assorto nella meditazione che, quando il suo vicino di banco gli ha fatto segno di andare a leggere il Vangelo, è semplicemente caduto per terra… Ma, diceva lui stesso, mi sono fatto male, non ero al terzo cielo !
Tutti quelli che l'hanno conosciuto sono d'accordo nel riconoscere in lui un contemplativo.
Secondo me Simon aveva ricevuto dalla sua educazione familiare e seminaristica un’idea molto impressionante di Dio, come colui che deve essere raggiunto con gli sforzi di una vita ascetica e una di venerazione totale…
Gli autori spirituali parlano facilmente di salita spirituale, il che non è sorprendente. Basta pensare all'immaginario culturale nel quale siamo cresciuti. La Bibbia stessa non ci fa forse incontrare Dio nelle altezze ? Allora ciascuno di noi si sforza di salire e d'inerpicarsi per raggiungere la cima al termine di un cammino di costruzione personale di cui accettiamo le difficoltà (quando noi stessi non ne aggiungiamo ancora altre !) e ne rifiutamo le facilità come tentazioni inaccettabili. Ricordate senz'altro il film “Mission” che fa vedere le Riduzioni del Paraguay. Ricordate quell’uomo, prima schiavista, poi diventato gesuita, che cerca di espiare il suo peccato tirando dietro di sé, fino alla spossatezza, un sacco enorme. Sono i bambini a liberarlo, tagliando semplicemente di colpo la corda che lo legava a ciò che ai suoi occhi rappresentava il peccato da pagare… Sappiamo che non è questo il cammino proposto dal Vangelo. "Chi si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato." (Mt 23, 12 ; Lc 14, 11 ; 18, 14)
San Benedetto stesso insegnava che la scala dell'umiltà si sale scendendo e che la scendiamo appena vogliamo raggiungerne il vertice.
Il problema quindi non era, come aveva creduto Simon, di rifiutare l’immagine di Dio trasmessa a lui dai suoi antenati, ma di incontrare Gesù nella verità della sua ascesa verso Dio, che non è altro che discesa tra gli uomini…
Gesù è salito, si, ma come dice bene Paolo:
"Che significa la parola "ascese", se non che prima era disceso quaggiù sulla terra ? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose…" (Efesini 4, 9-10)
La lettera ai Filippesi 2, 8-9, nella traduzione della Bibbia della CEI dice :
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome.
La traduzione francese della Bibbia di Gerusalemme, traducendo parola per parola, dice :
abbassò se stesso
diventando obbediente fino alla morte
e alla morte su una croce.
Ecco perché Dio l'ha sovranamente elevato
e gli ha conferito il nome che è al di sopra di ogni altro
nome.
Diceva Fratel Carlo che Gesù non ha fatto altro che scendere : scendere incarnandosi, scendere facendosi bambino, scendere ubbidendo, scendere facendosi poverò, trascurato, esule, perseguitato, torturato, mettendosi sempre all'ultimo posto."[10]
Mi sa che Simon si è veramente convertito quando, salendo verso le vette di Dio, ha fatto lo stesso incontro di Pietro che fugge da Roma, secondo il famoso romanzo di Sienkiewicz. Ha incontrato Gesù che "pur essendo di natura divina, non considerando un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, spogliando se stesso, stava assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini, apparve in forma umana, abbassando se stesso… etc, etc…" (Filipesi 2, 6-8) Simon Pietro gli domanda: "Quo vadis Domine ?” La risposta la sapete…
Baba Simon fa dietrofront e va con Gesù, in mezzo agli uomini, per "camminare con loro da Emmaüs fino a Tokombere" cf. Luca 24, 15
Questo dietrofront sarebbe da raviccinare di quello che fa Fratel Carlo, nel 1901, secondo Antoine Chatelard, quando dice :
"Possiamo constatare che durante i primi anni della sua vita di fede, la volontà (di Fratel Carlo) di essere con Gesù era caratterizata dalle parole : andar lontano, allontanarsi di tutto cio che faceva la sua vita, separarsi, uscire di se stesso per essere solo con Gesù. In quest'anno 1901, prese conscienza che: "essere con Gesù" è fare cio che Gesù vuole di me. Fin da questo momento si manifesta una volonta di andare verso gli uomini, e di farsi prossimo di loro… Non si tratta più di lasciare ma di andare verso. Ormai partendo di un mandato che ha Gesu per origine, e un movimento di raviccinamento e non piu di allontanamento."[11]
Bisognerebbe d'altronde fermarsi un po’ per capire meglio ciò che significa camminare con Cristo.
Gesù ci dice nel Vangelo di Marco : "Se qualcuno vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua." Se la prende Marie Balmary contro la traduzione abituale che, a suo parere, cambia del tutto il vero senso della parola.
Generazioni e generazioni l'hanno intesa come una chiamata a negare se stesso per camminare nell'ombra del Galileo.[12] Invece, dice Balmary, è tutto il contrario. Quando si legge veramente ciò che dice Gesù sentiamo tutt‘altro. La traduzione letterale sarebbe :
Se qualcuno vuole accompagnare dietro io,
Dica no a se stesso, (al suo progetto)
Prenda la sua croce
E mi accompagni."
La negazione porta sul progetto di camminare dietro… Non si tratta di camminare dietro il Padrone, ma di fare strada insieme a lui… E’ del tutto diverso per uno che vuole camminare a causa di Gesù e del Vangelo !... Di fatto, a Emmaüs, dice Luca: "Gesù in persona si accostò e camminava con loro." (Lc 24, 15)
Avremo l'occasione di tornare su questo… Procediamo !
"Quando guardiamo le persone, chiudiamo gli occhi del corpo, apriamo quelli dell’anima, vediamo in loro ciò che sono, non ciò che appaiono, guardiamoli come Dio li guarda." [13] afferma Carlo.
"Vorrei che tutti fossero come Gesù Cristo, che tutti vedessero Dio come Gesù lo vedeva. E che tutti vedessero tutti gli uomini come Gesù li vedeva." Cosi dice Baba Simon a padre Farin, gesuita venuto registrare l'intervista per la televisione francese nel 1971.
"La chiesa cerca di guardare l'uomo con gli occhi del Cristo stesso" farà Giovanni Paolo Secondo nella Redemptor Hominis al numero 18, nel 1979.
Ecco il vero, intimo Baba Simon. Aveva capito che Gesù si abbassa in ciascuno di noi, e in un modo particolare nei poveri e nei malati…
Un mese dopo il suo arrivo a Mayo-Ouldémé, (a pochi chilometri da Tokombere, dove si stabilirà in seguito), Simon scrive ai confratelli di Jesus Caritas a proposito delle condizioni rudimentali di ricovero dei malati nel dispensario locale :
"Durante il giorno, i malati escono dalle capanne in cui sono ricoverati e rimangono fuori, per terra. Si coricano per terra, completamente nudi. Il giorno dopo il mio arrivo ho visto un disgraziato morire in questo stato di nudità assoluta. Aveva il tetano. Era il Cristo sofferente, il Cristo verme, verme della terra."
Questo fa pensare a ciò che racconta Elie Wiesel nel suo libro "La nuit". Ad Auschwitz un ragazzino si era trovato coinvolto con altri prigionieri in rappresaglia per una evasione… Il poverino era così leggero che non arrivava a morire e si dibatteva tra aria e terra come un burattino disarticolato… Un prigioniero che assisteva alla scena dice a mezza voce : Ma Dio dov'é ? E Wiesel si sentì rispondere : E’ lì, in quel bambino ! [14]
Quando affermiamo la superiorità dell'uomo su tutto il resto siamo nella verità, nella logica dello sguardo divino…
Riconosce Baba Simon che vedere Cristo in tutti non è facile. Un giorno visitava i malati del reparto "incoscienti" di un ospedale francese insieme a un suo collega della fraternità Jesus Caritas, che racconta :
"Baba Simon si è fermato accanto ad ogni letto, senza parlare, senza che il malato se ne accorgesse, ed ha continuato la sua visita fino in fondo. Uscendo mi ha detto: Sai, per gli Apostoli era difficile riconoscere in Gesù il Figlio di Dio come per noi riconoscere in queste persone la presenza del Signore”
I preti della fraternità delle Filippine scrivono in un testo che ho trovato nel diario regionale Italiano numero 92, a pagina 13 :
"I preti si aiutano a vicenda scoprendo Cristo nell'ultimo fratello e nell'ultima sorella. Si aiutano a vicenda come veri discepoli di Cristo."
Rivolgendosi a Gesù, Michel Lafon, successore di Albert Peyriguère a El Kbab in Marocco dice :
"Per sapere ciò che diresti, ciò che faresti al posto mio, devo essere impregnato in tal modo del tuo spirito che la risposta zampilla quasi spontaneamente".[15]
"Non possiamo invocare Dio, Padre di tutti gli uomini, se rifiutiamo di comportarci fraternamente verso certi uomini, creati a immagine di Dio" dichiara la Nostra Aetate del Concilio Vaticano II al n° 5 (28 Ottobre 1965)
Fratel Carlo, pochi mesi prima di morire scrive :
"Per arrivare all'amore di Dio, praticate l'amore degli uomini : in ogni essere umano vedete un figlio di Dio, un fratello di Gesù… Niente conduce all'amore di Dio meglio della carità in vista di Lui." [16]
Baba Simon, nel 1963, ossia due anni prima della Nostra Aetate, dopo aver rischiato ogni giorno, per un anno, la vita curando i contagiati dal vaiolo, scrive nel suo diario personale :
"Ripercorrendo i giorni di quest'anno che fugge, non posso non riconoscere e dire che "Dio ama i pagani". Sono anche loro, ognuno, "creati da Dio a sua immagine e somiglianza". Sono anche loro creati perfettibili e la terra che Dio ha dato agli uomini appartiene anche a loro". Dio non vuole che i pagani vivano nell' ignoranza come ciechi, e nella miseria come il povero Lazzaro."
La fraternità prima di tutto. Questa fraternità non è da confondere con l'amicizia e quindi non è da cercare come il risultato di una qualsiasi buona volontà nostra o dell’altro che abbiamo incontrato. La fraternità è un dono di Dio, totalmente indipendente dalla nostra volontà. Ci faccia piacere o no, gli uomini, tutti, sono fratelli. Questo è l'eterno progetto di Dio.
Che siano cristiani o no, non cambia nulla. Un mussulmano, un pagano, un ateo o non so chi ancora, è mio fratello, perché è figlio dello stesso Dio. E’ dato a me, cristiano, di vivere questo in tutta la vita e, in questo modo, di permettere agli altri di scoprirlo. Credo che sia veramente questo il Buon Annuncio, la Buona Novella, l’Evangelion !
La lettera agli Ebrei (2, 11-12) lo dice con molta chiarezza :
"Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine ; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo : Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi."
Qui forse, risiede una diversità d'approcio tra Carlo e Simon. Per Carlo sembra che la fraternità e uno scopo. Un obbietivo da raggiungere… Per Simon, e la sorgente del suo impegno. La radice dei suoi attegiamenti...[17]
L'umiltà che viene dalla compagnia quotidiana con Gesù, (da non confondere con la Compagnia di Gesù !), aveva dato a Simon un umorismo che lo rendeva molto simpatico. Sapeva ridere di stesso : Beati quelli che sanno ridere di se stessi, non hanno finito di divertirsi !
Davvero, umiltà e umorismo hanno la stessa radice, la stessa etimologia, che è "humus", la terra. Non bisogna dimenticare che tutti noi siamo "Adami" "Glèbeux" dira Chouraqui nella sua traduzione francese della Bibbia… In italiano potrebbe essere “Terrosi”. E non dobbiamo dimenticare che è così che Dio ci ha amati e ci ama… Non sono sicuro che le lacrime di san Pietro siano state quelle amare che tanti descrivono… Mi pare che potrebbero essere lacrime di gioia ! Quella gioia è una piccola sorella dell'umiltà. "Beati", ecco la nostra vocazione…
Maria ci fa capire la relazione tra l’umiltà e la gioia quando canta : "Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà delle sua serva." (Lc 1, 47-48) Questa gioia esultante la ritroviamo in Gesù qualche anno dopo quando:
"esultò nello Spirito Santo e disse : Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti, ma le hai rivelate ai piccoli. Si, Padre, perché cosi ti è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, nè chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare." (Lc 10, 21-22)
E’ probabile che Gesù abbia avuto in mente questo ritornello imparato sulle ginocchia della mamma trent'anni prima… : "L'anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore… ha guardato l'umiltà dei suoi servi…"
Questa gioia comunicativa, che Gesù trasmette a quelli che non chiama più servi, ma amici perchè hanno conosciuto da lui tutto ciò che ha udito dal Padre (cf. Gv 15,15) è pure la gioia del Battista che dichiara : "Ora la mia gioia è completa. Egli deve crescere e io, invece, diminuire." (Gv 3,29-30)
Questa gioia sarà completa nella visione del Risorto : "I discepoli gioirono nel vedere il Signore (Risorto). E’ allora che Gesù disse loro : "Pace a voi ! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi." (Gv 20, 20-21) E’ lo stesso Gesù che poco prima aveva ordinato a Pietro, Giacomo e Giovanni, impressionati dalla visione beata, se non beatifica, di Gesù trasfigurato, di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. In ogni modo non avevano capito cosa volesse dire risuscitare dai morti. (cf. Mc 9, 9-10) Infatti non potevano ancora capire il senso profondo di ciò che i teologi chiamano "kenosi".
Senza l'umiliazione della Via Crucis, senza l'annientamento della Croce stessa, senza l'ascesi del “sia fatta la tua volontà e non la mia” dell'orto degli ulivi, non si può capire l'ascesa di Gesù che fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio, pur rimanendo sempre in mezzo a noi tutti i giorni fino alla fine del mondo… (cf. Mc 16, 19 ; Lc 24, 51; Mt 28,20)
Baba Simon ci darà ancora l'occasione di parlare di questo movimento d'ascesi - ascesa, fonte della nostra gioia, piccola sorella dell'umiltà...
Baba Simon, Fratel Carlo, incontrando Gesù vivente, hanno capito col cuore. La sentenza del mistico mussulmano Ibn Arabi: "Quello del quale la malattia si chiama Gésù, ne sapra mai guarire" s'accorge molto bene con l'esperienza di tutti due. E, senza tenere nulla della gloria che viene dagli uomini, a causa di Gesù e del Vangelo, si sono messi in cammino... L'uno ufficiale brillante dell'esercito francese, amante della bella vita, l'altro sacerdote influente della grande e prestigiosa diocesi di Douala, venerato dai suoi confratelli... Tutti due sono andati alla ricerca del volto amato, riconosciuto nel volto dei più poveri e trascurati...
"Vorrei che tutti fossero come Gesù, che tutti vedessero Dio come Gesù lo vedeva. E che tutti vedessero tutti gli uomini come Gesù li vedeva."
Ed io, sacerdote diocesano del terzo millennio iniziato, come lo vedo Dio ? Come vedo gli uomini ? A causa di Gesù e del Vangelo ?...
Cosa hanno cambiato in me Gesù e il suo Vangelo? Meglio, cosa cambiano adesso nel mio sguardo su Dio e sugli uomini di oggi, presenti al mio orizzonte quotidiano ?
Come vedo la mia ascesa-ascesi ?
Aiutatemi, Fratel Carlo e Baba Simon, a vivere, insieme a voi, l'ascesi ascendente del Risorto!
"Per essere fratelli di tutti gli uomini"
Una certa idea del dialogo e dell’incontro
L'uccellino, la mucca e la volpe.
C'era un uccellino molto piccolo che strillava nel nido. Aspettava il cibo che la mamma era andata a cercare… Strillava, strillava, avvicinandosi sempre più al bordo del nido. Accadde quello che c’era da aspettarsi; cadde a terra in mezzo al sentiero… Strillava sempre più forte, quando una mucca che passava di lì se ne accorge e si avvicina. "O poverino ! E con questo freddo da morire..." La mucca sorpassa l'uccellino, fa una piccola retromarcia e lascia cadere ciò che potete immaginare sul poveretto, che però si sente molto riscaldato... Partita la mucca, l'uccellino riprende il suo pigolare stridulo... Arriva la volpe. Subito capisce che c'é qualcosa da fare... "O poverino, come mai sei così sporco ? Non ti preoccupare... Aspetta, ci penso io a pulirti." Affera l'uccellino con tanta delicatezza, lo pulisce piuma per piuma, poi quando ha finito quella toilette... se lo mette in bocca e ne fa un boccone solo!
La morale della storia è semplice : Non è sempre chi ci mette nella merda che ci vuole male, ma non è nemmeno sempre chi ci tira fuori dalla merda che ci vuole bene !
Fuori programma e niente a vedere con la spiritualità di Fratel Carlo o di Baba Simon !
Non c’entra davvero con Baba Simon; volevo solo far capire che, in certe situazioni, bisogna a volte prendere un po’ di distanza nei confronti delle nostre convinzioni o punti di vista anche se sono radicate nell’esperienza o maturate nella riflessione...
O meglio, prima di dare giudizi di valore su una realtà che scopriamo per prima volta, bisogna cercare di capire le situazioni e le cause, per evitare il rischio di sbagliare del tutto… Nella pastorale, soprattutto quella che ci mette in relazione con persone che non hanno mai sentito parlare di Cristo e del suo Vangelo, puo essere salutare !
Solo gli imbecilli non cambiano idea !
L'ho sempre pensato e non cambierò mai idea !
Un giorno, poco dopo l'arrivo nel Nord Camerun di Baba Simon, fratel Pietro Provost gli domanda : "Baba Simon, secondo lei è meglio un buon pagano, onesto, o un cristiano cattivo ?" Baba Simon non esita nemmeno un secondo e dice: "Ma, fratello, un cristiano cattivo!" Era l’opinione condivisa all'epoca. Al di fuori della Chiesa non c’è salvezza… inteso nel senso che, senza battesimo, bruci nell’inferno ! "Non è forse vero che un mussulmano è condannato a bruciare nell’inferno, padre ?" mi chiedeva un pastore protestante svizzero tre anni fa!
Anche se, come abbiamo visto, Simon ha avuto problemi di adattamento a Mayo-Ouldémé, e quei problemi l'hanno condotto a spostarsi a Tokombéré, (a 9 Km) è rimasto molto amico con i Piccoli Fratelli e, poco a poco, ha capito il loro approccio con la gente del posto, con i Kirdi, come venivano chiamati...
Mi risulta che sono state sopratutto la sua voglia di annunziare il Vangelo a tutti, unita alla curiosità e al desiderio di scoprire i costumi tradizionali che gli hanno permesso d'aprire gli occhi su una realtà che non s’aspettava di trovare...
La sua intelligenza di Dio e dell'uomo, intelligenza nel senso originale di "intus legere" leggere le cose dall'interno, la sua intelligenza dicevo, unita al suo amore verso tutti, gli ha aperto le porte tanto delle case quanto dei cuori...
Scopre che i Kirdi vivono una vera relazione con Dio. Scrive : "I Kirdi, da parte loro, sembrano soddisfatti della loro religione e dei loro costumi. Non abbracciano quindi il cristianesimo in fretta come i pagani del Sud, che, a livello puramente religioso, sono molto inferiori ai Kirdi, i quali esprimono il loro culto a Dio e agli antenati tramite preghiere e sacrifici ben distinti e in luoghi ben determinati". In un’altra lettera scrive: "i loro costumi farebbero vergognare i nostri battezzati del Sud."
Man mano scopre che i Kirdi sono credenti come i Giudei e che ciò che pensava di insegnare, loro lo conoscevano da secoli...
Racconta : "Avevo mandato un catechista presso i Zulgo (una delle 5 tribù che abitano nelle montagne di Tokombéré). Gli avevo detto : ”Parlerai di Dio che ha creato tutto : la montagna, il miglio, la pianura... Devono credere in Dio, devono amare Dio.” Il catechista va e torna : - Allora ? Hai detto tutto ? Cosa hanno risposto ? – M'hanno detto che se è solo questo che ci vieni a dire, non valeva la pena disturbarti, lo sappiamo già !"… Aggiunge Baba Simon : Dove e come questi montanari primitivi hanno raggiunto verità così elevate e meravigliose? E non solo la creazione ma anche Dio Padre; è un vero mistero !"
Nella sua testa, e sopratutto nel suo cuore, accadde qualcosa di profondo, come un terremoto... Le sue basi più solide, le sue convinzioni più intangibili formate da una esperienza di più di cinquant'anni, sono scosse fin nelle loro fondamenta.
Sarà tentato di tornare nel Sud per non rischiare di rovinare questa loro relazione di alleanza con Dio con dei concetti estranei... Un giorno dira al padre Farin : "Avevo trovato che la gente conduceva una vita capace di unirli a Dio… Forse portando loro altre idee, si perturba il loro sistema abituale di unione con Dio."
"Avevo capito che non avevano bisogno di me. Io ho bisogno di essere cristiano per trovare la strada che porta a Dio. Ma loro, nella loro tradizione, l'avevano già trovata...!" [18]
Conoscendo le basi della formazione teologica ricevuta dai Benedettini svizzeri nel seminario negli anni 1930, ricordando ciò che abbiamo detto a proposito della sua reazione quando, giovane prete a Ngovayang, si trovava di fronte alle danze tradizionali e ciò che scrisse nella tesina di fine studi a proposito del letame della religione tradizionale dal quale l'aveva tirato fuori Dio stesso, quando si sa che, a proposito dei Kirdi "pagani", scriveva ancora ai confratelli dell'Unione Sacerdotale Jesus Caritas nel 1961: "I loro costumi sono impregnati delle opere di Satana." Tenuto conto di tutto ciò, possiamo meglio apprezzare la conversione radicale alla quale e stato chiamato... Ricordare l'età sua…
“Ci sono due categorie di persone che devono temere la collera di Dio: i peccatori induriti e i giusti induriti che cercano di fare sempre meglio, solo perché temono la collera di Dio.
Queste due categorie non sanno ancora cosa è l’amore…
Qualcosa in noi deve crollare, come un edificio di cemento armato, al quale abbiamo lavorato da anni con una cura esemplare e che, a un certo momento, funziona solo più come uno scudo contro il nostro io più profondo e contro gli altri, e corriamo il rischio di mettere uno scudo davanti alla grazia di Dio stessa. Questo crollo è solo un inizio, ma pieno di speranza, di possibilità. E non cerchiamo di ricostruire ciò che la grazia ha demolito; dobbiamo piuttosto appoggiarci a questo muro che crolla, pieni di speranza, con la fiducia del bambino che sogna che papà riparerà tutto. Perché lui sa come tutto può essere ricostruito diversamente, ben meglio di prima." [19]
Queste parole di Dom André Louf, abate cistercense, Baba Simon le ha messe in pratica.
E’ veramente la fede e la meditazione di fronte alla realtà del Verbo incarnato che gli permette di ritrovarsi ! Capisce che annunziare Gesù non è automaticamente annunziarlo nel pacchetto culturale nel quale l'abbiamo ricevuto…
Baba Simon capisce che, se è salito al Nord, è per annunziare Gesù…
"Se non avessi avuto Gesù Cristo da far loro conoscere, da tempo sarei tornato a casa, nel Sud Camerun. Gesù è il culmine, la vetta, lo Ngar come si dice in lingua mada, la testa della creazione; senza Cristo la creazione sarebbe un corpo senza testa. E' stupendo che coll'Incarnazione Dio abbia innalzato l'uomo sino a sé in Cristo. Se Gesù Cristo non fosse appunto questa testa, io sarei tornato a casa perché ho scoperto che i Kirdi hanno una fede come gli Ebrei."[20]
Allora, che significa annunziare Cristo a un popolo che conosce già una via per andare a Dio ?
E’ solo parlando loro di Gesù Cristo che capiranno meglio la loro relazione con Dio come Padre. Anche loro sanno che Dio agisce in noi, che noi camminiamo con lui; io parlo loro di Gesù per mostrare loro che questo è avvenuto ancora meglio in un essere, in una persona come noi.
Per me, insegnare loro l’igiene, insegnare qualunque cosa, dire loro l’amicizia che ho per loro, far vedere che tutti possono essere amici con tutti, tutto questo per me è cristianesimo.
Per me Gesù è tutto, è l’insieme. Gesù Cristo è la vita. Per me, l’Incarnazione non è Dio che si è incarnato in un ebreo; per me è Dio che si è incarnato nella natura umana, prendendo un uomo che era di quel popolo…Non vedrei nessuna differenza se Gesù si fosse incarnato in un Mouyang, o un Mada o un Bakoko o qualunque altro uomo qui.
Per me (Gesù) è l’incarnazione di Dio in un uomo…Gesù Cristo è l’uomo, è l’incarnazione dell’umanità.
"Nel Cristo la natura umana è stata elevata ad una dignita senza uguale. Poiché, per l'incarnazione sua, il Figlio di Dio si è, in qualche modo, unito lui stesso a tutti gli uomini." Dirà la Gaudium et Spes al numero 22 § 2.
E’ questa convinzione che gli permette di affermare quello che abbiamo già detto :
Vorrei che tutti fossero come Gesù Cristo, che tutti vedessero Dio come Gesù lo vedeva. E che tutti vedessero tutti gli uomini come Gesù li vedeva.
Quando vedo un uomo, vedo che Dio si è incarnato in lui ed è bene che possa conoscere Dio come lo conosceva Gesù, che ami Dio come lo amava Gesù, cioè come suo Padre. [21]
Questo messaggio passerà tramite una testimonianza di servizio e di presenza quotidiana. Simon spiega :
“Per i pagani, la nostra amicizia è già un arricchimento, l’interesse che portiamo loro rispettando i loro costumi e parlando la loro lingua, disprezzata dai loro padroni di sempre, i servizi che rendiamo loro (trasposto di malati, scavo di pozzi…) li attirano a noi e li legano a noi. Ci considerano come persone buone più che come portatori di un messaggio divino destinato a loro…Vengono da noi come le folle andavano da Gesù. E il Signore diceva che ci sono molti chiamati e pochi eletti. Il nostro lavoro è chiamare; il più importante, cioè eleggere, spetta a Dio. Il nostro compito è semplicemente quello del seminatore. Così lavoriamo senza preoccuparci del risultato, fino al battesimo, dove ognuno prende l’impegno personale di una vita nuova. Questo significa che il fine non siamo noi, ma Dio, solo Dio, niente altro che Dio."[22]
La sua testimonianza la darà in particolare attraverso il suo interesse nei confronti della religione tradizionale, nel dialogo con i sacerdoti tradizionali, che diventeranno tutti suoi amici veri e sinceri, fino a considerarlo come un di loro, uomo di Dio, anche se riconoscevano che non avevano lo stesso sacrificio. Si invitavano a vicenda nelle grandi occasioni. (sacrifici per i lavori agricoli o il grande sacrificio del bue che fanno ogni tre anni, per Natale e a volte per Pasqua)
Spesso, questi grandi sacerdoti della tradizione incoraggiavano la gente a diventare cristiana. Cinque anni fa il gran sacerdote dei Zulgo, che era coetaneo di Baba Simon e suo vero amico, mi diceva: (Era due anni prima della sua morte) : "So che un giorno il tuo sacrificio (così chiamano l'Eucarestia,il sacrificio dei tempi nuovi di Gesù) il tuo sacrificio sostituirà il mio e sono contento, perché ciò che importa è che i miei figli abbiano un sacrificio". Questo Chédéché m'ha fatto pensare al Simeone del Vangelo di Luca che dice : "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele". (Lc 2, 29-32) Chi, tra noi qui presenti, é capace, addiritura, dire lo stesso ? (Potrebbe essere uno tema di revisione di vita !)
E’ chiaro che, nella spiritualità di Fratel Carlo, l'amore per tutti, e l'essere fratello universale si radica nel fatto che tutti sono figli amati di Dio :
“Quanto dobbiamo stimare ogni essere umano, quanto dobbiamo amare ogni essere umano !E’ un figlio di Dio. Dio vuole che i suoi figli si amino tra di loro come un papà affettuoso vuole che i suoi figli si amino tra di loro." [23]
e quindi devono essere amati in quanto tali. Ma non credo che sia sviluppata in lui l'idea di vero dialogo gratuito. Spesso emerge in lui l'idea di proselitismo di fronte alla malvagità delle religioni infedeli, come per esempio quando dice : "I Piccoli Fratelli del Sacro Cuore di Gesù daranno l'elemosina, l'ospitalità e le medicine con un’estrema carità, come a Fratelli amatissimi, a tutti coloro che le chiederanno, cristiani o infideli, buoni o cattivi. Avvolgeranno di attenzioni particolari i poveri e gli infelici, membra sofferenti di Nostro Signore Gesù, e i peccatori e gli infedeli, per 'vincere il male col bene'." [24]
Nell rapporto di Baba Simon con i Pagani non c'è niente di tutto questo, nessuna finta ne astuzia per fare proseliti, accorgimenti indegni del Vangelo, come afferma il Vaticano II nella Dignitatis Humanae,[25] ma piuttosto un interesse reale per la religione tradizionale. Forse l'avrà preso dal suo incontro coi Fratelli di Gesù di Mayo-Ouldémé, e senz'altro, dal suo lavoro con gli Oblati di Maria, che nel 1946 avevano ricevuto mandato di annunziare il Vangelo nel Nord Camerun e nel Sud del Ciad... Il loro approccio era fatto di apertura e di accoglienza ai "Semina Verbi". E’ così che la relazione di Simon con i suoi interlocutori della religione tradizionale aveva le radici nel rispetto che egli aveva per il cammino di fede dei suoi interlocutori. Lo illustra in modo particolarmente chiaro questo episodio della lancia infitta nel cielo del Dio di Baba Simon... Ascoltiamo :
"L'11 marzo 1973 una spaventosa sciagura sconvolge tutto il Nord: l'auto che da N'Gaunderé riporta a casa per le vacanze gli studenti, si trasforma in un rogo spaventoso; undici periscono tra le fiamme.
Una delle vittime, di razza Muyang, era stato mandato in collegio da Baba Simon. Alla tremenda notizia i parenti e non pocchi del loro villaggio scendono alla missione per gettare sul missionario la responsabilità dell sua morte. Non è forse lui che ha mandato a studiare, così lontano, quel povero ragazzo?
Circondano minacciosamente la missione urlando e imprecando. I più scalmanati passano a vie di fatto facendo a pezzi du finestre e una porta. Un guerriero, nella chiesa, in palese atto di sfida e di offesa al Dio dei cristiani, lancia verso il cielo la zagaglia che resta conficcata nella volta.
Il cuore del missionario (di Baba Simon) piange per la morte degli innocenti e per quella manifestazione, ma resta calmo. Qualche giorno dopo, gli anziani tornano a scendere dalla montagna: hanno capito che Baba Simon non ha alcuna colpa - lui che ha sempre agito per loro bene, anche se non hanno voluto accettare il suo Vangelo -, che forse ha sofferto quanto loro e che non meritava quella chiassata. Vogliono far la pace.
Il Padre li accoglie, senza recriminare. Dice soltanto: «I danni materiali, li vedete; non hanno importanza, porta e finestre saranno rifatte. Ma... venite con me». Li accompagna in chiesa, addita loro la zagaglia ancora fissata sulla volta e chiede loro con amarezza: «Guardate: e l'offesa fatta a Dio ? Come fare a ripararla? Beh, io non lo so. I vostri anziani, i vostri saggi, loro sanno. Tornate al villaggio e vedete tra voi». Nessun rimprovero, nessun lamento; solo un richiamo alla loro coscienza, alla saggezza dei loro anziani, per la grave offesa contro Dio. Lo raccoglieranno ?
Alcuni giorni dopo, ecco gli anziani e le famiglie. Portano un montone e lo sgozzano davanti alla chiesa: è il loro sacrificio di riparazione. Baba Simon osserva e lascia fare: rispetta le loro credenze e il loro gesto di espiazione.
Sembrava tutto finito. Lo pensava anche lui. E invece no: con sua grande sorpresa e tanta gioia, qualche giorno dopo vede spuntare un gruppetto di uomini che, per la prima volta, vengono ad ascoltare la parola di Dio! Il rispetto per le loro tradizioni e la loro vita religiosa aveva fatto breccia e li aveva ravvicinati alla missione molto più di tutti i suoi sforzi precedenti." [26]
“Dio è presente nel cuore di questi popoli”, dice Baba Simon al suo giovane collaboratore spagnolo un giorno in cui aveva scoperto un luogo in cui c’era acqua presso i Mouyang, e il capo villaggio aveva esigito che si facesse un sacrificio prima di cominciare a scavare il pozzo. E questo collaboratore aggiunge:
"Un giorno, presso i Zulgo, volevamo tagliare dell’erba (paglia) per fare il tetto di una capanna .Un uomo è venuto dirci che non si doveva tagliare l’erba lì, perché quello era un luogo sacro, con un altare. Baba Simon era quasi orgoglioso di sentire parole come queste e pregava, ringraziando Dio." [27]
Simon, africano di sangue e di razza, si considera sempre tenuto a rispettare i valori africani autentici, applicandosi a purificarli gradualmente e con tanta pazienza, in vista di impiantare un cristianesimo e una chiesa anch'essi autentici, veramente africani, che favoriscano il progresso sociale e la fraternità tra i vari popoli.
Con i Mussulmani che, a Tokombéré, anche se in minoranza, erano i padroni del paese e avevano uno sguardo di disprezzo verso i Kirdi, considerati come senza religione, pagani, quando non addirittura come cani, Simon è riuscito a tessere relazioni di amicizia e di vera fraternità.
Ascoltiamo Tikirey, capo cantone di Tokombéré, dieci anni dopo la morte di Baba Simon :
“Le nostre relazioni erano dense e fraterne. Ogni volta che andavo a Tokombéré non mancavo di rendergli visita a casa sua. Prendevamo un caffè, un tè, o anche il pasto insieme. Alle feste civili o religiose non dimenticava mai di augurarmi buona festa. E io ero sempre presente alle feste cristiane, per condividere la gioia comune di figli di Dio. Prima che un missionario, per me Baba Simon era un fratello. Mi auguro che Baba Simon sia per tutti noi, mussulmani e cristiani, giovani e vecchi, un simbolo di fraternità. Egli rimane nei cuori come il fratello degli uomini.”
"Rispettare i modi e i tempi dell'altro, soprattutto quando di diversa cultura e fede, far sì che si senta libero. Saper riconoscere quella diversità radicale, anche basata sul crimine, che crea una reazione e trovare percorsi adeguati per un cammino di liberazione." Così si sono espressi i rappresentanti della famiglia di De Foucauld all'incontro di Spello nel maggio scorso... [28] Siamo veramente nella spiritualità Foucauldiana !
"Siamo tutti sulla stessa strada" ripeteva sempre Baba Simon... E’ chiaro che per lui, come per noi, la strada ha un nome : quello di Gesù, via, verità e vita. (Gn 14, 6)
L'inculturazione è radicare il Vangelo nelle varie culture (Ecclesia in Africa n° 59) Non è, come pensano tanti, soprattutto un problema di vasi e di paramenti liturgici... E’, prima di tutto, la fecondazione di una cultura da parte del Vangelo.
Lo scopo dell’inculturazione è quello che esprime la Dei Verbum al n° 1, citando S. Agostino:
"Affinché, sentendo l’annuncio della salvezza, il mondo intero creda, credendo speri, sperando ami…"
L'inculturazione, quindi, non è un problema tipicamente africano, esotico, ma un problema missionario… Il che vuol dire che siamo tutti impegnati nel lavoro d'inculturazione del Vangelo per il nostro tempo. La mondializzazione frenetica richiede a ciascuno di noi uno sforzo reale di apertura a tutti e a tutto. Tramite noi, il Vangelo deve contaminare il genere umano, perché è parola di Dio per gli uomini. Dimentichiamo troppo spesso che la Parola non si è fatta cristiana, ma umana… non è venuta per i cristiani, ma per gli uomini… I cristiani sono l’eco della Parola, perché risuoni nelle culture e negli ambienti precisi in cui vive ognuno di noi.
Dire Gesù e il suo eterno messaggio di salvezza nell'oggi della storia… Ecco la sfida di quelli che, in particolare, vogliono camminare sulle orme del Fratello Universale…
"La chiesa deve farsi conversazione" dice Paolo VI nella Ecclesiam Suam...
Possiamo forse prenderci il tempo necessario per meditare sul racconto cosi significativo dei discepoli di Emmaus (Lc 24 13-35). "Di che cosa state parlando lungo il cammino ?
Come ascolto ed annuncio ai miei contemporanei ?
Come faccio ad accendere il fuoco che potrà ardere nel cuore degli uomini e delle donne con i quali sono in cammino oggi...?”
"Abbandonandoci al Padre"
Gesù è l'Uomo rivelato a se stesso !
Padre mio,
io mi abbandono a Te,
fa' di me ciò che ti piace;
qualunque cosa tu faccia di me,
Ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la Tua volontà si compia in me
e in tutte le Tue creature :
non desidero altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle tue mani,
Te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché Ti amo.
Ed è per me una esigenza d'amore
Il donarmi,
il rimettermi nelle Tue Mani,
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché Tu sei il Padre mio.
Se un neofita, conoscendo la vita di Gesù, scoprisse questa famosa preghiera senza sapere chi l'ha scritta, é chiaro che penserà subito che è di Gesù stesso! Voglio dire che la preghiera di abbandono di Carlo de Foucauld non è nient'altro che il risultato della sua "sequela Christi", dell'accoglienza dell'inabitazione del Signore in lui e della sua ricerca d'imitazione di Gesù figlio amatissimo e amantissimo del Padre:
"Tu abiti nell’anima fedele, mio Signore. “Noi veniamo in lei e noi vi facciamo la nostra dimora” Tu diventi come l’anima di questa anima, la tua grazia la sostiene in tutto, la guida in tutto, illumina la sua intelligenza, dirige la sua volontà, non è più lei che agisce, sei tu che agisci in lei…”
“Lasciamolo vivere in noi” ripete all’infinito Fratel Carlo… “Facendo di tutti gli istanti della nostra vita degli istanti della sua vita, di tutti i nostri pensieri, delle nostre parole, delle nostre azioni, dei pensieri, delle parole, delle azioni non più naturali ma divine, non più nostre, ma di Gesù. Facciamo in modo da poter dire ad ogni momento della nostra vita: Io vivo, ma non sono più io che vivo, è il Cristo che vive in me” [29]
Abbandonarsi sarà dunque lasciare Gesù agire in noi... Per questo dice : "Sono pronto a tutto."
Carlo radica la sua fede nella gioia di Gesù :
"Mio Dio, tu ci presenti un’ancora alla quale possiamo agganciare la nostra gioia e agganciarla in modo che nulla la possa rapire; questa ancora è la gioia della tua felicità. Che io sia cattivo, miserabile, ingrato, freddo, senza amore…tu sei felice per l’eternità, tu sei felice ed è tutto quello che mi occorre. Tu sei felice, dunque io sono felice. Tu sei felice, mio Dio, eccomi felice” [30]
Commenta Michel Lafon :
"Devo imparare umilmente a dimenticarmi, a mettere il mio centro fuori di me stesso, perché è Te che amo ed è in Te che è stabilito il mio io, perché è Te che io guardo: “Non ho che da guardare in me ripetendomi che tu sei felice” [31]
La fede di Simon, pur non avendo un’espressione così poetica, infiammata, quasi sentimentale direi, non è però meno radicale e ancorata in Dio :
"Una cosa rimane certa, voglio amare molto il buon Dio e faccio tutti gli sforzi per aggrapparmi a lui, in tutte le situazioni della mia anima, perché solo lui può santificarmi. Dio non è soltanto l’unico santo, ma anche l’unico che santifica. Non c’è dunque altra via per la mia santificazione. Sono peccatore, è vero, ma nessun altro può santificarmi, e poi so che è ricco di misericordia. Il fondo della mia pietà è aggrapparmi a Dio perché è buono.[32]
Mi pare che tutto si riassuma nell'ammirazione filiale, senza limite, di Simon per il suo Padre amatissimo, Dio. Ha radicato la sue fede nella certezza che, essendo fratello di Gesù e di tutti gli uomini, è veramente figlio, non soltanto "alla maniera di Gesù", ma per mezzo di Gesù, con Gesù e in Gesù, e figlio a gloria del suo Padre.
Baba Simon ha gettato l'ancora in Dio stesso e non la sgancerà mai. Ha deciso di lasciare Dio agire in lui…
Non ho trovato negli scritti di Simon, che sono pochi, è vero, ma ricchi, cose del genere :
"Non diamoci viventi a Nostro Signore, poichè è morto per noi. Diamoci a lui come si è dato per noi, morti, cadaveri, in obbedienza perfetta, senza riserve, l’obbedienza del cadavere."[33]
Il carattere e l'abbandono di Simon si rivela di più nell’azione, che è movimento verso Dio. Dimorare in Dio non è passivo, esige un spostamento verso Dio attraverso l'azione stessa, spiega a suor Annie in una lettera :
"Sono rimasto colpito da queste parole della Scrittura: Dio che dice à Mosè: “Cammina alla mia presenza” e Gesù che dice agli Apostoli: “Rimanete in me e io rimarrò in voi”. Dio vuole, per così dire, affidare l’iniziativa della sua azione in noi, all’uomo; sembra dimenticare che è lui la causa prima. Il fatto è che Dio è certo della sua azione, allora mette in avanti la nostra azione secondaria, perché non è sicuro della nostra collaborazione. Per vivere con Dio, dunque, devo agire e andare a lui agendo. Mi succede spesso di agire male, ma devo andare a lui con questo male, perché solo lui può liberarmi. Ci sono momenti di impotenza, vado a lui che è “il Forte”; ci sono momenti di oscurità, vado a lui e rimango in lui che è la luce; ci sono tempi di lunga attesa, vado a lui e lo aspetto con la stessa certezza della sentinella che attende l’aurora. Così nulla dovrebbe fermarmi nella mia marcia verso di lui" [34]
Nelle sue note personali abbiamo trovato questo bellissimo testo, che mostra la forza della fede di Simon in Dio, sorgente di vita :
“Dio è sorgente di vita, Dio è vita.
Agire è vivere; agisco, dunque vivo.
Dio vive, dunque agisce.
Dio agisce in tutto e tutto vive in lui.
Nessuno può vivere senza vivere in Dio.
Dunque, viviamo necessariamente di Dio e in Dio.”
E’ senza senso dire: Dio non esiste, perché, dicendo questo agisco, dunque vivo.
Quando vedo non posso più dire che non vedo, che i miei occhi non vedono…
Eppure si può vedere e non voler vedere. Un atto di volontà può rendere questa visione odiosa, indesiderabile, ma non inesistente. Così, quando si nega l’esistenza di Dio, si vorrebbe che fosse così, ma Dio esiste comunque. Dio vive da se stesso, di se stesso e in se stesso.
Io vivo, non solo perché Dio vuole che viva, ma permette anche che io viva. Bisogna che ogni essere vivente, ogni esistente, esista. Dio sostiene gli esseri, li sostiene viventi, esistenti nella vita. Dio è il supporto della nostra vita.
Così, tutto ciò che mi circonda respira Dio. Tutto l’universo è focolare di vita. Per mettersi in presenza di Dio non è necessario rappresentarselo altrove, mentre è in noi che abita, nelle nostre azioni dove agisce, nel nostro prossimo, dove vive. Una volta morto, il nostro corpo sarà sepolto nella terra di Dio, dove si decomporrà in Dio e si risveglierà nell’oceano della vita eterna.” [35]
A proposito delle difficoltà che ogni ricerca di vita spirituale incontra, Fratel Carlo dice che è sempre la gioia di Gesù che gli permette di resistere a qualsiasi prova :
"Quando soffri, pensa alla gioia del Cuore di Gesù, pensa che è la sua gioia che vuoi e non la tua, è lui che ami e non te stesso; nelle tue sofferenze, nelle tue tristezze, nelle tue inquietudini, nelle tue confusioni, nelle tue prove, rallegrati della sua gioia infinita, immutabile e della sua immensa pace” [36]
Baba Simon, da parte sua, approfitta di questi momenti di prova per andare avanti nella sua marcia con Dio :
"Cammina alla mia presenza” lo sento più pressante quando mi sono sporcato, perché egli vuole lavarmi senza tardare, lui che è il solo santo. Così mi sono reso conto che, poiché Dio mi ha tessuto, conosce anche tutte le mie fibre. Non ce n’è dunque alcuna che egli non possa riparare, quando, con umiltà, gliela presento. I momenti più difficili sono quelli in cui si sente l’abbandono da parte di tutti, anche di Dio. Ma è proprio in quei momenti che mi viene alla mente la parola di Gesù sulla croce: “Padre mio, Padre mio”, seguito da un supremo e tranquillo atto di abbandono. Questo mi succede a volte, e, anche se spesso in ritardo, mi getto in Dio, il solo che può rendermi forte." [37]
Questo abbandono attivo, mi permetto di dire che Baba Simon ha voglia di viverlo fino alla fine. Nel dicembre 1974, sei mesi prima di morire, scrive nel suo diario personale :
"E io? Dove sono e perché? Sono diminuito in ogni cosa : meno preghiera, meno zelo, meno in tutto…E, ciò che è più desolante, sono diventato totalmente incapace di risalire la china vertiginosa della mia caduta nel vuoto. Allora, che fare? De profundis clamavi ad te, Domine; Jesus, veni, libera me! Si vis potes." [38]
Questo abbandono Simon non lo pratica solo per lui, ma la raccomanda anche a quelli che gli chiedono consigli spirituali :
"Passate il vostro tempo libero nella preghiera di abbandono e di lode. Purché questa preghiera non sia per forza solo secondo le formule, e se le formule scompaiono, non pensate che anche la preghiera di abbandono scompare. Voi potete per esempio dire una preghiera orale, una formula, un salmo, se questo vi aiuta a stare in unione con Dio, nella sua presenza, che sia percepita o no, ma non mettetevi a ripetere la formula… è questa la via dell’abbandono alla sua azione che non possiamo definire né prolungare, ma alla quale dobbiamo abbandonarci. Abbandonatevi dunque tra le sue mani non solo nelle situazioni prevedibili ma anche in ciò che rimane nascosto in Dio, dietro tutto ciò che può o deve capitarci. Vivete l’abbandono all’azione di Dio in noi, questo Dio da cui di continuo riceviamo l’essere, il movimento, la vita”[39]
Questo abbandono a Dio che agisce in noi si traduce, per Baba Simon, in un impegno senza riserva per la dignità dell'uomo, qualsiasi uomo, riconosciuto figlio amato da Dio. Il "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto" [40] del battesimo di Cristo, Simon lo sente per ciascuno di noi, cristiano o no. Perché ognuno è figlio nel Figlio prediletto :
"Ciò è possibile solo nella fede, che il Cristo dà. E poiché a volte prende un volto che ci disorienta, dobbiamo sempre fare uno sforzo, quasi tormentarci, per trovarlo" [41]
"Il volto di Cristo che noi vogliamo mostrare agli uomini non è altro che il Cristo stesso. Ora, il Cristo, in lui stesso e nel prossimo, prende spesso delle apparenze che disorientano: a volte malato, a volte povero, a volte condannato… E’ il Cristo che alcuni uomini odiano, condannano e amano. Per veder il Cristo sotto queste apparenze sconcertanti ci vuole la fede, che Dio solo può dare”
Altrove ancora dice :
“Dove c’è il Cristo, là c’è pure il suo volto e il suo amore. Ora, il Cristo si trova nel prossimo. Se vogliamo trovare il Cristo, lo troveremo nel prossimo." [42]
Per Baba Simon, la contemplazione di Gesù e l'attenzione particolare ad ogni uomo che incontra gli permette d'affermare que Gesù è l'Uomo rivelato a se stesso. Ricordate ieri sera :
"Per me, l’Incarnazione non è Dio che si è incarnato in un Ebreo; per me è Dio che si è incarnato nella natura umana, scegliendo un uomo che era di quella famiglia… Non vedrei nessuna differenza se Gesù si fosse incarnato in un Mouyang, o in un Mada, o in un Bakoko o in qualunque uomo qui. Per me Gesù è l’incarnazione di Dio in un uomo… Gesù Cristo è l’uomo, è l’incarnazione dell’umanità…” E conclude : "Per me, Gesù Cristo è un Kirdi, ma che non ha abbastanza coscienza del suo stato e io lo rivelo a lui stesso." [43]
Non dice niente di più la Gaudium et Spes quando afferma : "Nuovo Adamo, il Cristo, nella rivelazione stessa del mistero del Padre e del suo amore, manifesta pienamente l'uomo a se stesso e gli rivela la sublimità della sua vocazione" [44]
Allora vuole dire che la nostra vocazione di discepoli di Cristo, contemplativi della sua divina figliazione communicata a tutti gli uomini, è nient'altro che annunziare a tutti questa parola di Dio : "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto."
"Fare dell’uomo una riuscita di Dio. Insegnare all’uomo che deve vincere, perché la sua natura lo esige: questo è il merito che la montagna del Nord Camerun deve riconoscere a Baba Simon. In effetti, chi fallisce e si compiace nel suo fallimento o si rassegna, tradisce Dio” E’ in questi termini che Jean-Baptiste Baskouda, figlio di Tokombéré, diventato ministro nel governo del Camerun e autore del libro "Baba Simon, il padre dei Kirdi", pubblicato in Francia nel 1988 [45] riassume il messaggio lasciato da Baba Simon in eredità ai Kirdi e alla storia.
Ascoltiamo la bellissima meditazione di Baba Simon fatta il giorno dell'Ascenzione 1975, ossia tre mesi appena prima della sua morte. Rivela in un modo molto poetico il sogno di Baba Simon, che fa pensare, a tratti, al famoso sogno di Luther King :
"Nostro Signore chiama la sua Ascensione oggi la sua uscita : E’ uscito dal Padre per venire qui tra noi. Oggi esce dal mondo per andare in cielo. Cerchiamo anche di uscire da noi stessi, dalle nostre miserie, dai nostri peccati, dalle nostre negligenze, dalle nostre insufficienze, da ciò che non abbiamo voluto fare, da tutto ciò che abbiamo fatto,… e non si finisce di elencare. Uscendo da noi stessi, eccoci davanti a te in spirito, Signore; siamo nell’ultima fila, indietro, ma possiamo comunque vedere ciò che succedeva quando sei arrivato in cielo la prima volta, con un corpo umano, accompagnato da tutti quei santi: Abramo, Isacco, Giacobbe, tutti i Patriarchi dell’Antico Testamento e che non sono i più numerosi, anche con tutti gli Ebrei riuniti: 12.000 moltiplicato 12! Ci sono anche questi Patriarchi africani, questi primi uomini, i veri Adamo, e i loro discendenti. L’antenato dei Cinesi, degli Indiani, degli Australiani, dei Pelle Rossa, tutti… Tutte queste persone che cercarono Dio a tentoni fino a Gesù Cristo e che furono salvati in lui. Tutta questa umanità entra in cielo lo stesso giorno. E’ con questa gioia, mio Dio, che vorrei cantare: Alleluia! Vorrei cantare con tutti gli angeli: Santo, santo, santo il Signore, Dio dell’universo; il cielo e la terra sono pieni, oggi, della tua gloria. Osanna nel più alto dei cieli. Benedetto sia Gesù Cristo, venuto nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei cieli. Che tutti questi montanari che sono qui intorno a noi, che tutto il Margui-Wandala (è il nome della provincia dove si trova Tokombere), che tutti i pagani del Nord Camerun, tutti i pagani d’Africa, d’Asia, d’Australia, d’Oceania, del mondo intero si voltino verso di Te, anche in modo oscuro, perché, certo, gli uomini non possono voltarsi verso di te in modo definitivo e in massa. Tutti possono convertirsi, ma per conservarsi nella loro conversione, occorre ancora un’altra conversione. E’ in questa riconversione continua che, in qualche modo, trascinano l’umanità verso di Te. Anche coloro che, visibilmente, hanno abbandonato il sentiero di Gesù Cristo qui sulla terra, bisogna che camminino, interiormente, verso Gesù Cristo. In altre parole, vorrei che arrivassimo tutti in cielo, e che il buon Dio, che è onnipotente, dimostri che il cielo è il cielo di tutti. E che l’inferno sia l’inferno di quelli che ci sono, cioè dei demoni. Perché l’inferno non è mica stato fatto per gli uomini; l’inferno è stato fatto per il Demonio e i suoi angeli, e che vi restino!" [46]
Poiché abbiamo evocato Luther King, citiamolo a proposito :
"Non è un compito facile risvegliare la coscienza di appartenere alla grande famiglia umana a un popolo al quale da secoli si è detto che non era nulla." [47]
Possiamo dire che Baba Simon, abbandonandosi totalmente a Dio, che agisce in lui, è riuscito a restituire la dignità e la capacita di esprimersi a un popolo che era condannato a breve scadenza.
Possiamo dire senza esitare che Baba Simon ha veramente evangelizzato il popolo al quale era stato mandato. Lo ha "Buonanovellizzato" nel senso letterale.
Cioè gli ha annunziato la Parola di Vita che sorge, di Dio, fonte di vera Vita.
Gli ha dato la Parola, dandogli Gesù.
Si tratta, dunque, di dare la Parola.
Vorrei giocare ancora un po’ con le parole, servirmi dei giochi di parole. In fin dei conti, le parole non sono anche fatte un po’ per giocare?
Dare la parola si può prendere in due sensi :
Permettere all’altro di parlare.
Dare una parola all’altro.
Lo scopo di questo dono, nei due sensi, è, in fondo di dare all'altro i mezzi di esprimere il meglio di se stesso…
Dare la Parola all'Uomo è permettergli l’accesso alla Parola, come ce lo ricordano i catechisti di Tokombere
Dare la Parola vuol dire :
- Portare una parola.
- Chiedere una parola.
- Dare occasione alla Parola di venire fuori [48]
Evangelizzare, cioè rivelare all'Uomo che in lui stesso è nascosta una parola che non desidera altro che poter crescere".
Marie-Abdon Santaner, a proposito dell'Incarnazione, ci dice :
«Nel seno di Maria lo Spirito ha reso possibile l’incontro tra il cielo e la terra, tra la Gloria e il fango. E’ avvenuto uno scambio ammirevole. La venuta dello Spirito ha prodotto un essere umano, nel quale ogni essere umano può dire: “sono io” e in cui Dio dice: ”sono io”. In questo essere umano l’umanità futura ha cominciato ad esistere.[49]
"Le persone lontane da Gesù debbono, senza libri ne parole, conoscere il Vangelo vedendo la mia vita… Vedendomi, debbono vedere cos'è Gesù." [50] questa affermazione di Fratel Carlo, bella senz'altro e molto commentata, mi ha sempre lasciato un po’ scettico ! Ho capito il mio disagio quando ho trovato, sotto la penna di Baba Simon, queste parole molto ricche :
"Parliamo un po’ del vostro tormento quotidiano. Se camminate nella verità durerà sempre, perché nasce dall’amore di Dio che vorreste comunicare e dal desiderio di mostrare il volto di Cristo agli uomini. Vi troverete sempre davanti a qualche vicolo cieco, soprattutto se cercate voi stessi. E questa è una tentazione ben sottile…Voler mostrare il volto di Cristo in qualcuna delle nostre opere è volerla sottrarre al mistero di Cristo, e mettendole tutte dobbiamo aspettarci di tutto.
Lasciamo che il Cristo si riveli a chi vuole e come vuole. Lasciamo che gli uomini se la vedano con lui. Voler dunque mostrare il volto di Cristo con qualunque nostra opera, in realtà è volere che ci prendano per Gesù, uguali a lui. Il volto di Cristo si vede, con la fede, anche nello scandalo; San Paolo dice infatti che la croce è uno scandalo, ma per quelli che si perdono perché non hanno la fede. Cercate il volto di Dio, cercatelo sempre, cercatelo là dove c’è sicuramente : nel prossimo, sotto tutte le apparenze; quanto al prossimo, non cercate di edificarlo in altro modo che in questa ricerca, nella quale voi non dovete cercare di incamminarlo se Dio stesso non lo chiama; e c’è la chiamata all’undicesima ora come alla prima." [51]
Altrove aggiunge :
"Il Cristo si trova nel prossimo. Se vogliamo trovare il Cristo, lo troveremo nel prossimo. Ciò è possibile solo nella fede, che il Cristo dà. E poiché a volte prende un volto che ci disorienta, dobbiamo sempre fare uno sforzo, quasi tormentarci, per trovarlo" [52]
Eccolo il segreto di Baba Simon : non si tratta di mostrare Cristo agli altri… ma piuttosto di cercarlo e di servirlo in ognuno di quelli che la Provvidenza mette sul nostro cammino… Ecco il vero significato del : "Camminare con Cristo"
Poco fa, don Piermario Brignone uno sacerdote "Jesus-Caritas" di Saluzzo che sta con noi a Maroua ha trovato sulla scrivania di un seminarista della nostra diocesi, morto da pochi giorni, questo biglietto :
"Vorrei diventare un interprete dell'amore di Dio.
Vorrei essere il messaggero e il portavoce dell'Amore.
Poiché l'Amore ha parlato al cuore dell'uomo, ma l'uomo non ha capito il senso e il significato delle sue parole e dei suoi gesti.
Ci vogliono degli interpreti per spiegare agli uomini la Parola detta dall'Amore."
Se Baba Simon ha servito la nascita della Parola nel cuore dei Kirdi del Nord Camerun e di tanti altri, lasciandosi guidare dalla forza di Dio, e riconoscendo in ciascuno di noi un Cristo col quale camminare, come faccio io ad accompagnare la stessa nascita nei miei fratelli di oggi ?
Padre mio,
io mi abbandono a Te,
fa' di me ciò che ti piace;
qualunque cosa tu faccia di me,
Ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purché la Tua volontà si compia in me
e in tutte le Tue creature :
non desidero altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle tue mani,
Te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché Ti amo.
Ed è per me una esigenza d'amore
Il donarmi,
il rimettermi nelle Tue Mani,
senza misura,
con una confidenza infinita,
poiché Tu sei il Padre mio.
"Nel cuore del Mondo..."
Una povertà reale,
ma una lotta accanita contro la miseria
Conoscete tutti il motto del pugile, no ? E’ anche noto come l'unica citazione di una parola di Gesù negli Atti degli Apostoli, al capitolo 20, versetto 35 : "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere."!
Se qualcuno ha veramente fatto suo questo motto è proprio il nostro Simon ! Ma non era un pugile, anche se, in nome del rifiuto della miseria, s'arrabbiava ogni tanto, fin quasi a picchiare le persone...
Un giorno incontra per strada, davanti alla casa dei suoi genitori, un ragazzino sporco e straccione. “Come mai sei così sporco ?” Gli risponde il ragazzo : “Ma, Baba, è normale, sono un Kirdi !” Questo, Simon non lo sopporta... e s’infuria; già in seminario le sue arrabbiature erano famose. Fa chiamare i genitori del ragazzo e li maltratta, anche con minacce infuocate! “Non è possibile ! un figlio di Dio non può rassegnarsi a vivere in questo modo... Un erede di Dio non è fatto per vegetare nella sporcizia e nel disprezzo di sé.”
"La miseria è nemica di Dio” diceva Simon. E lui, fedele soldato di Gesù, ha combattuto fino alla fine contro la miseria... Non sopportava di vedere i suoi fratelli umiliati e disprezzati, per nessuna ragione e da nessuno. Non dimenticate che abbiamo visto che era fratello universale... Quindi, qualsiasi umiliazione della persona umana, di qualunque tipo, lo spingerà sempre all'azione...
Diceva Pierre Cimetière in un articolo pubblicato nel Bollettino Jésus Caritas di luglio 1969 :
"Il prete non è "un Monsieur”(Che si potrebbe tradurre anche non é un "Monsignore"). La sua prima dignità consiste nell’imitare Gesù e i suoi annientamenti fino a ridursi schiavo." [53]
Se Gesù è veramente Buona Notizia per gli uomini, lo devono scoprire tramite i suoi discepoli e in modo particolare i suoi sacerdoti. "Le persone lontane da Gesù, debbono, senza libri né parole, conoscere il Vangelo nel vedere la mia vita… Vedendomi, devono vedere chi è Gesù." [54] abbiamo sentito sentio questa mattina da Carlo de Foucauld.
Simon l'ha capito molto bene... Ma per Simon è chiaro che non si deve confondere povertà e miseria...
La povertà é lo stato nel quale uno si riconosce bisognoso di qualcosa o di qualcuno. Un catechista di Tokombéré, l'ultimo catechista formato da Baba Simon ancora in attività, Alfonso Yaouba, diceva in una riunione di valutazione fatta alla fine di un anno di carestia, come ce ne sono tanti da noi, al Nord-Camerun :
"Il granaio dell’uomo dal cuore povero è il cuore del suo fratello…"
C'é da meditare... Mi pare una definizione molto precisa di ciò che é la poverta evangelica.
La miseria invece é assenza di dignità e non soltanto assenza di dignità o senso di indegnità, sarebbe piuttosto l'assenza di sentimenti su di sé... la decadenza giunta ad un punto di non ritorno. E’ oltre la rassegnazione. La miseria è l'impossibilità di capire che sono chiamato ad essere di più... "L'uomo non è la misura dell’uomo" dice Xaverio Emmanuelli, fondatore, in Francia dei Medici senza Frontiere e del Samu sociale di Parigi. L'uomo deve capire che è chiamato a crescere... a svilupparsi...
Fermiamoci un po’ su questa parola: sviluppo.
In francese mi piace spiegare lo sviluppo, che si dice "développement", come un dispiegarsi. Cercando di fare lo stesso in italiano, ho scoperto, nel dizionario De Agostini, che sviluppo potrebbe avere la stessa radice che viluppo, che significa : intrico, groviglio, confusione... Sviluppo sarebbe dunque abolire l’intrico, districare, dispiegare, snodare, insomma, un genere di "effata, apriti" o di schiudersi, che ci porta verso la fioritura... Siamo nel campo dell'educazione, che significa appunto condurre qualcuno a se stesso... E / ducere.
Ma occorre avere coscienza della presenza, in sè o nell'altro, di qualcosa che sarebbe bene sviluppare o snodare... Se non ho già coscienza di essere qualcuno o che colui al quale mi rivolgo è già qualcuno, non potrò mai svilupparmi, snodarmi, o aiutare il mio prossimo a svilupparsi o a snodarsi.
Per Baba Simon questo qualcosa è dentro di me e non è altro che la gloria di Dio che, scrive nel suo Diario, “giace nell'uomo."
Giovanni Paolo II dice nella Ecclesia in Africa :
« Poiché ha questa dignità umana incomparabile, l’uomo non può vivere in condizioni di vita sociale, economica, culturale e politica subumane. Ecco il fondamento teologico della lotta per la dignità umana, per la giustizia e la pace sociale, per la promozione umana, la liberazione e lo sviluppo integrale dell’uomo e di tutto l’uomo ».[55]
Lo sviluppo, per definizione, quindi, non può venire dell'esterno. Se l'aspettiamo dell'esterno, arriveranno al massimo strutture di sviluppo o supplenze di sviluppo. Invece, se prendiamo coscienza di ciò che siamo e di ciò che si può sviluppare partendo da noi stessi, "della gloria di Dio che giace in ciascuno di noi", allora l'esterno potrà aiutarci ad acquisire l'attrezzatura necessaria o i sostegni necessari per appoggiare i nostri sforzi di sviluppo.
Se sviluppare è uguale a districare o a snodare, se, come abbiamo visto nell'ultimo intervento, evangelizzare è uguale a liberare o rivelare la parola nascosta nel cuore di ogni uomo, allora significa che evangelizzare e sviluppare sono un unico e stesso movimento, come l'albero e il frutto, che partecipano allo stesso movimento di vita. E’ l'albero che fa il frutto o il frutto che fa l'albero ? E’ come per l’uovo e la gallina!
Lo sviluppo è il frutto di una vera evangelizzazione e l'evangelizzazione è un cammino di vero sviluppo. Evangelizzare è condurre l'altro a Gesù : "Abbiamo trovato il messia" (Gv 1, 41); è condurre l'altro a se stesso : "L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna." (Gv 4, 14).
Dice Paolo VI :
"Tra evangelizzazione e promozione umana, sviluppo, liberazione, ci sono dei legami profondi. Legami di ordine antropologico, perché l’uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma soggetto ai problemi d’ordine sociale e economico. Legami d’ordine teologico, perché non si può dissociare il piano della creazione dal piano della redenzione, che raggiunge le situazioni concrete dell’ingiustizia da combattere e della giustizia da restaurare. Legami di ordine eminentemente evangelico, come quello della carità; come proclamare il comandamento nuovo senza promuovere la giustizia e la pace vera, l’autentica crescita dell’uomo?" [56]
Torniamo al nostro Simon Mpeke. Una delle cose più difficili da accettare per lui, all’inizio del suo soggiorno al Nord Camerun, era la nudità della gente... Lui, il camerunese del Sud già sviluppato da più decenni, non sopportava di vedere i suoi fratelli camminare con il vestito di Adamo... Aveva l’impressione di regredire... Uno dei suoi primi impegni è stato di distribuire calzoncini e mutandine... Ne ha fatto arrivare decine di bauli da Douala e dalla Francia... E’ stato questo, persino una causa di attrito con i Piccoli Fratelli del Vangelo di Mayo-Ouldémé, che invece non volevano disturbare gli usi e i costumi tradizionali, e si opponevano a queste distribuzioni che, dicevano, ridicolizzavano i Kirdi...
Diceva Giuseppe Wresinski, fondatore del movimento ATD Quarto-Mondo :
"Non mi fermerò mai, fino a quando i poveri non saranno accolti all'Unesco e in Vaticano..." [57]
Ed è riuscito !
E’ difficile immaginare i Kirdi prendere la parola nel vestito d'Adamo, per esempio in questa nostra venerabile assemblea, senza arrivare fino a l'aula Paolo sesto, in Vaticano !
Simon dice la stessa quando parla della capacità dei Kirdi di presentarsi per la laurea come qualsiasi altro camerunese...
"Non si può dire che un montanaro (Kirdi), posto nelle stesse condizioni di un qualsiasi camerunese, non possa fare degli studi. Un montanaro può fare i suoi studi fino al dottorato; non tutti in assoluto, ma sono capaci di fare come tutti gli altri.” [58]
Baba Simon non accetta le condizioni di vita dei suoi nuovi fratelli.
Abbiamo già visto come Baba Simon diceva : "Gesù Cristo è l'Uomo" e aggiungeva :
"Bere acqua sporca, non è Gesù Cristo, perché quando Dio l’ha creata, l’acqua era pulita. Se beviamo acqua sporca è molto male e noi abbiamo l’intelligenza per purificare la nostra acqua…" [59]
"Là dove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti dell’uomo sono calpestati e unirsi per farli rispettare è un dovere sacro." amava ripetere Giuseppe Wresinski. Le sue parole sono iscritte nel marmo, un pò dapertutto nel mondo…
Appunto, Baba Simon voleva unire i Kirdi, mantenuti divisi dalle autorità tradizionali mussulmane, sostenute dall'amministrazione, anch’essa in gran parte mussulmana.
Simon cerca di unire i Kirdi per far loro prendere coscienza della loro dignità, anche se sa benissimo che è un impegno molto "politico". Dice :
«Noi, Cristiani, donando loro il cristianesimo con le nostre idee di libertà, di uguaglianza, di fraternità universale, gonfiamo il pallone. Non sappiamo se bisogna smettere di gonfiare o continuare, ma sappiamo che, a forza di gonfiare, il pallone finirà per scoppiare."[60]
Diceva pure :
"Avendo vissuto per secoli divisi, immersi per secoli nella schiavitù, poichè si sa che dalla nostra unità nascerà una forza, si fa di tutto perchè non siamo uniti. Fare un’unità, anche piccola, dei Kirdi, è molto difficile… ma è solo di lì che uscirà qualcosa… Finché non ci sarà unità, non potrete fare niente di bello. Non voglio dire un’unità polemica, cioè i Kirdi da una parte e i Mussulmani dall'altra, ma voglio parlare di una certa unione." [61]
Voleva veramente tracciare un sentiero di fraternità, per costruire il mondo di domani :
"Se il cristianesimo continua ad agire nel Nord Camerun, ci sarà una soluzione, ossia ci sarà una vita sociale normale, dove tutti, mussulmani, cristiani, pagani, vivranno come fratelli, mano nella mano." [62]
Baba Simon ha sempre voluto difendere la causa dei suoi Kirdi, come li chiamava (forse anche un po’ troppo facilmente). Per rendersene conto, basta sfogliare i giornali cattolici dell’epoca, per vedere quanto si è battuto perché il resto del Cameroun prendesse coscienza della realtà, di fronte ad una propaganda ufficiale che tendeva a far credere che il Nord Camerun fosse completamente mussulmano e il Sud cristiano, negando così l’esistenza e il diritto di espressione dei 2/3 della popolazione.
Monsignor Plumey, fondatore della missione nel Sud del Ciad e nel Nord Camerun, morto assassinato nel 1991, scrive nelle sue memorie :
"Baba Simon è stato un legame tra i Kirdi e i Mussulmani. Convinceva i mussulmani ad accettare i kirdi come autentici figli di Dio e insegnava ai kirdi ad amare i mussulmani come fratelli di sangue. Dio è unità. Baba Simon voleva essere il punto di incontro tra la montagna e la pianura, dove si ricongiungono le civiltà, per aprire agli uomini un avvenire fraterno". [63]
A proposito dei Mussulmani, nota Fratel Carlo, nel suo diario, il 19 di giugno 1903 :
"Non è essendo buoni tiratori o eccellenti cavalieri, che si potrà convertire i Mussulmani. Al più diranno : “è un buon cavaliere o un buon tiratore... aggiungeranno eventualmente : sarebbe degno di essere uno dei nostri... non dirano mai : è un santo ! L'unico modo di condurre i Mussulmani a Dio è prendere per maestro San Paolo che dice : "Siate miei imitatori, come io lo sono del Cristo. Praticando il Vangelo nella sua abiezione e nella sua povertà, camminando a piedi e senza bagagli, lavorando con le mani, come Gesù a Nazareth, vivendo poveramente come un povero operaio..." [64]
Simon ha vissuto queste parole e sarà rispettato da tutti per questo. E’ probabile che Simon abbia letto queste parole di Fratel Carlo :
"Non c'è, credo, parola del Vangelo che abbia fatto su di me un'impressione più profonda e trasformato maggiormente la mia vita di questa : « Tutto ciò che fate a uno di questi piccoli, è a me che lo fate ». Se si pensa che tali parole sono quelle della Verità increata, quelle della bocca che ha detto : « Questo è il mío corpo... questo è il mio sangue... », con quale forza si è portati a cercare ed amare Gesù in « questi piccoli », in questi peccatori, in questi poveri, dirigendo tutti i propri mezzi spirituali verso la conversione delle anime, tutti i propri mezzi materiali verso il sollievo delle miserie temporali." [65]
Non sono sicuro che si possa dire che Baba Simon avesse un metodo. Quelli che l’hanno conosciuto bene affermano proprio il contrario! Il suo segreto era il suo sguardo. Prima di vedere nel suo interlocutore tale o talaltra categoria di persone, vi vedeva un fratello, con la sua stessa origine e in cammino verso la stessa meta. “Siamo tutti sulla medesima strada”, amava ripetere. La meta di questo cammino, per Baba Simon, è Gesù Cristo, che è il culmine (Ngar) della creazione. [66] Il rispetto profondo che ha sempre avuto per ciò che lui riconosceva come la traccia di Dio lasciata in ognuno era la sorgente e la motivazione del suo impegno per la promozione di ogni persona.
Comunque ha vissuto questa osservazione dello stesso Fratel Carlo, che notava durante il ritiro fatto a Nazareth :
"O mio Signore Gesù, come sarà presto povero colui che amandoTi con tutto il suo cuore non potrà sopportare d'essere più ricco del suo Beneamato...
O mio Signore Gesù, come sarà presto povero colui che, pensando che tutto ciò che si fa ad uno di questi piccoli lo si fa a Te, che tutto ciò che ad essi non si fa, non lo si fa a Te, allieverà tutte le miserie alla sua portata...
Come sarà presto povero colui che accoglierà con fede le tue parole: « Se vuoi essere perfetto, vendi quanto hai e dallo ai poveri... Beati i poveri... chiunque avrà abbandonato i suoi beni per me riceverà quaggiù cento volte di più e in cielo la vita eterna... » e tante altre..." [67]
Simon si é lasciato spogliare di tutto ciò che aveva, per essere libero in vista del prossimo.
Camminava a piedi nudi nella sabbia bruciante, dormiva per terra, digiunava spesso, approffittava di momenti di disattenzione per mettersi in tasca la carne che gli servivano a tavola per portarla dopo a qualche ammalato... Ha passato molto tempo in mezzo ai malati di vaiolo
Ha vissuto una povertà degna di quella di Francesco d'Assisi. Non ha accumulato niente per lui e per la sua famiglia... No, tutto era per i suoi Kirdi amatissimi...
Non un metodo, ma uno sguardo, abitato da convinzioni forti e da un amore senza limiti.
Baba Simon crede però in uno strumento: la scuola, chiave per la vita, che permette ad ognuno, in base alle competenze acquisite, di scegliere liberamente in quale direzione continuare la strada. “Non voglio che tu diventi uno schiavo”, gli aveva detto lo zio che lo ha mandato a scuola nel 1910. La sua prima scuola era sotto l’albero e la prime lavagnette le cosce dei suoi alunni, ma voleva che fosse una scuola di un buon livello:
«Ho fatto l’impossibile per dare una valida istruzione di base, non volevo, a Tokombéré, una scuola di livello inferiore alle altre del Cameroun»[68]
L’abbiamo già detto, l’obiettivo di Baba Simon è fare dell’uomo una riuscita di Dio, insegnare all’uomo che deve vincere perché è la sua natura che l’esige.» [69]
Ma Baba Simon sa anche molto bene di non essere né eterno, né il più competente. Egli dà fiducia a chi lavora con lui e alle persone che sta formando.
«All’inizio si dirige, ma una volta che siete formati voi stessi, capaci di camminare, l’istruzione diventa una chiave passe-partout. Sta a voi valutare e scegliere, per il vostro avvenire, in quale porta entrare.» [70]
E’ a questo punto che vorrei evocare la castità di Baba Simon. Di fatto la castità, pur trattendosi di sessualità corporale e incarnata, non si limita solo a questo aspetto, come si fa troppo spesso. Del resto, tutti i testimoni sono d’accordo nel dire che, sulla gestione della sua sessualità, Simon era aldilà di ogni rimprovero.
No, vorrei parlare qui della castità che è il rispetto dell'altro nella sua alterità. Avrebbe potuto approfittare del "l'aura" che gli dava la fama del suo carrattere ben affermato e del suo carisma di "leader"… Niente di tutto questo ! Simon voleva veramente far zampillare la sorgente dall'individuo stesso… Perciò era solito ripetere :
« La scuola è una chiave, una specie di chiave che apre tante porte. Io ve la regalo e così potrete aprire tante porte: avete la mia chiave! Ma è meraviglioso! Dove sinora non potevo arrivare, adesso ci posso andare. E siccome ti ho dato la mia chiave non ti vengo più dietro per dirti: Passa di qui! Anzi, guai a me se volessi influenzarti, perché facilmente tu aprirai un'altra porta. Forse all’inizio, nei primi corsi, vi diranno quel che bisogna fare o non fare. Ma verrà il giorno in cui sarete capaci di fare da voi: l'istruzione diventa una chiave buona per tutte le porte; e potrete giudicare da voi stessi e per il vostro avvenire, quale porta dovete aprire. Certamente se avrete dei dubbi, potrete chiedere : 'Tu che conosci il mio passato, la mia situazione e il mio carattere, puoi darmi un consiglio ? E ve lo darò, ma sarà solo un consiglio." [71]
Guai a me se voglio influenzarti !
Quanti fra noi, spinti dal bisogno nascosto, quando non è inibito, di paternità o di riproduzione, hanno difficoltà per trovare le parole, i gesti, gli atteggiamenti giusti per lasciar crescere quelli che il Signore ci dà da accompagnare… Guai a me se volessi influenzarti !
Al contrario, il nostro lavoro di accompagnamento spirituale consiste, come dice l'abate André Louf, nel liberare la persona dal « carabiniere » interiore che si è poco a poco formato in lei, particolarmente negli anni dell’infanzia, grazie alle persone con le quali si è più o meno felicemente trovata a confronto, per lasciare il posto al « maestro » interiore, che permette ad ognuno di crescere come veri figli di Dio.
Attenzione però, lungo il cammino, a non prendere il posto di questo carabiniere, cosa che, nell’ambito molto bello e positivo della paternità spirituale, potrebbe diventare un caso vero e proprio di incesto, dunque una mancanza grave alla nostra castità.
Quanti fra noi, preferiscono chiudere le porte del cuore per non rischiare di scivolare su questo cammino ristretto della fiducia reciproca ?
"Il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti." (Mc 10,45 o Mt 20,28)
L'equilibrio fra convinzioni forti e rispetto sacro dell'alterità non può essere trovato fuori del riconoscimento assoluto che Dio solo ha diritto di visita nel cuore del uomo.
"Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio : …Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me." (Apocalisse 3, 14…20)
Noi siamo solo servi, … che si rallegrano alla voce dello sposo.
Ecco, torniamo ancora alla semplicità, che si apparenta bene con l'umiltà, che è cugina dell'umorismo, poiché hanno lo stesso nonno che ai tempi dei nostri antenati si chiamava humus ! Beati quelli che hanno "il sedere vicino al pavimento"; non rischiano di cadere da molto alto… In Simon l'umiltà era veramente, come dice Giovanni Maria Vianney, curato d'Ars: "L'umiltà è alle altre virtù, ciò che la catenella, (il filo) è alla corona del rosario."
"I poveri sono i nostri maestri" diceva Vincenzo de Paoli. Nel breviario, poco fa, ho trovato questa sentenza di san Leone, nel suo commento alle beatitudini, che può forse esserne la chiave. Dice : "Non c’è dubbio; i poveri ottengono la virtù dell’umiltà più facilmente che i ricchi, perché i primi, nella loro indigenza, hanno per amica la dolcezza, mentre gli altri, nella loro opulenza, hanno la fierezza come compagna." [72]
O signore dammi un cuore di povero !
"Nel cuore... della Chiesa"
Baba Simon sacerdote diocesano
"E’ un luogo comune ormai dire che è difficile trovare una definizione della spiritualità del sacerdote diocesano... Il concilio Vaticano Secondo, al capitolo tredicesimo della Presbyterorum Ordinis, dice:
"E’ l’esercizio leale e continuo delle loro funzioni nello Spirito del Cristo che è, per i preti, il mezzo autentico di arrivare alla santità”
Un po’ più avanti, al numero 14, afferma che il modo di unire la loro vita al loro Signore, e tramite lui al Padre, nello Spirito, è da cercare nell'unità stessa della missione della Chiesa, nella quale potranno trovare l'unità della loro vita, spesso troppo dispersa. Precisa che :
"Questa unità di vita non si realizza né con un’organizzazione puramente esteriore delle attività di ministero, né con la sola pratica degli esercizi di pietà, che, certamente vi contribuisce molto. Ciò che permette ai preti di costruirla è seguire, nell’esercizio del ministero, l’esempio di Cristo Signore, il cui cibo era fara la volontà di colui che l’ha mandato e compiere la sua opera."
E un po’ più avanti :
"I preti realizzeranno questa unità di vita unendosi a Cristo nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di se stessi per il gregge che viene loro affidato. Conducendo così la vita stessa del Buon Pastore, troveranno, nell’esercizio della carità pastorale, il legame della perfezione sacerdotale che conduce all’unità la loro vita e la loro attività."
La spiritualità sacerdotale sarebbe dunque la carità pastorale.
Giovanni Paolo secondo, nella Pastores dabo vobis, del 1992, al n° 18, dice :
"Poiché il prete, nella chiesa è l’uomo della comunione, egli deve essere, per tutti, l’uomo della missione e del dialogo. Profondamente radicato nella verità e nella carità di Cristo e animato dal desiderio e dalla necessità interiore di annunciare a tutti la salvezza, è chiamato ad intessere con tutte le persone rapporti di fraternità e di servizio, nella ricerca comune della verità, lavorando per promuovere la giustizia e la pace. Deve intessere questi rapporti fraterni in primo luogo con i fratelli delle altre chiese e confessioni cristiane, ma anche con i fedeli delle altre religioni, con gli uomini di buona volontà, e, in modo speciale, con i poveri e i più deboli, come con tutti coloro che aspirano, senza saperlo e senza esprimerlo, alla verità e alla salvezza portate da Cristo."
Non posso non citare il vescovo al quale devo di essere, e ben contento, sacerdote di Gesù Cristo. Dice Mgr Gilson :
"Il prete realizza la sua consacrazione e sostiene il ritmo stesso della sua vita quotidiana, nella sua vocazione compiuta e consumata in un amore vissuto, restando fedele al suo dovere di stato. La sua agenda è uno dei suoi libri di spiritualità. La inserisce per così dire, nella liturgia delle ore che la chiesa gli affida il giorno della sua ordinazione diaconale. Il prete è un uomo di preghiera, di una preghiera particolare e originale, di una preghiera vissuta e eucaristica."[73]
L'unità della vita sacerdotale si realizza in quella dell'agenda, del breviario e del messale... O per dire in un altro modo, nella vita incarnata, radicata nella preghiera e nell'offerta di sè con Gesù Eucaristia...
Contemplativo in azione come lo si è detto di Sant Ignazio... Ecco il cammino, o la spiritualità del sacerdote, e in modo particolare, del sacerdote diocesano. "Una preghiera che non ci spinge all'azione è tanto falsa quanto un'azione che non ci fa pregare" diceva il "vecchio fratello" Pierre Cimetière.
Le fraternità sacerdotali Jesus Caritas sono, fin dal inizio, convinte che il messaggio evangelico di fratel Carlo - è da notare che non si parla di spiritualità foucauldiana, ma di messagio evangelico - può essere molto utile per riuscire a realizzare la propria unità di vita.
Nel libro “Cinquant'anni della fraternità sacerdotale, pubblicato nel 2002 in Francia, raccontano Henri Le Masne e Michel de la Villéon, a proposito degli inizi della fraternità :
"Nell’Associazione Carlo di Foucauld ci sono alcuni preti. Cominciano a riunirsi per cercare di vivere una più grande fedeltà al messaggio evangelico di Fratel Carlo e alla loro vocazione di preti diocesani:
al messaggio evangelico di Fratel Carlo, per l’importanza data alla preghiera a Nazareth (le virtù nascoste…), alle due sorgenti vive : l’Eucarestia e il Vangelo, a uno stile di apostolato : bontà, amicizia,… alla preferenza per i più poveri, alla fraternità universale.
alla loro vocazione di preti diocesani nell’obbedienza al vescovo. NB: nessun obbligo di obbedienza (in fraternità) ma la precedenza alle riunioni diocesane rispetto agli incontri di fraternità.
E’ chiaro che in tutti questi ambiti che abbiamo suggerito sopra, Baba Simon fu un esempio e un precursore, se non un profeta !
Vorrei, per illustrare quest'affermazione, partire dallo schema dei capitoli II e III della Presbyterorum Ordinis, che parla del ministero dei sacerdoti e della loro vita.
Il capitolo secondo parla del ministero dei Preti. Al paragrafo uno precisa le loro funzioni : Ministri della Parola, Ministri dei sacramenti, Capi del Popolo di Dio.
Vediamo prima un pò come Baba Simon ha vissuto questi aspetti del ministero sacerdotale.
Ministro della Parola lo era, come abbiamo già visto, nel suo modo di dare la Parola a tutti. Lo era anche nella semplicità delle sue omelie, che ognuno poteva capire direttamente...
"Baba Simon aveva un’arte straordinaria nel predicare la Parola di Dio. E tutti lo seguivano." Dirà un catechista che l’ha ben conosciuto a Tokombéré. Molto concreto nelle sue omelie, fa leva sul lavoro che Dio ha già realizzato nel cuore dei suoi uditori, attraverso quella che ai suoi occhi è una specie di antica alleanza."Spiegava il sacrificio della messa con le parole dei sacrifici della tradizione; non usava mai parole che la gente non avrebbe capito; utilizzava parole e esempi della cultura locale", precisa una religiosa missionaria.
Ogni sabato riuniva i catechisti che aveva scelto tra i primi cristiani, per condividere con loro la Parola di Dio… “Quattro ore di formazione alla settimana, che moltiplicate per 52 settimane all’anno, fanno più di 200 ore di condivisione del Vangelo. Questo, lo continuiamo ancora oggi e, in questi dieci anni che sono stato a Tokombéré, mi ha letteralmente trasformato… Questo lo testimonio io.
Ministro dei sacramenti lo era facendo, a volte, lo zelante. Battezzava nel massimo delle sue possibilità ed era un difensore del matrimonio in un modo quasi esagerato. Ha dovuto calmarsi un po’ al Nord Camerun, perché si è accorto che i primi non erano fedeli, per mancanza di basi solide, in particolare per quanto riguarda il matrimonio monogamico!
E’ stato un confessore molto apprezzato tanto da sacerdoti e suore africani quanto stranieri... Sono delle suore francesi, per esempio che riconoscono non aver mai avuto confessori migliori di lui... Ricordate pure il "crisostomo" delle suore africane di Ngovayang...
Il dottore Giuseppe Maggi, fondatore con Baba Simon della missione di Tokombéré dice :
"Ho trovato in lui un uomo di fede, di preghiera e un confessore straordinario…Per un minuto di confessione c’era un quarto d’ora di contemplazione dell’opera di Dio e di saggezza sicura. Una grande gioia, nutrimento per il cammino, profonda, che modella!" [74]
Nell'avvicinarsi ai malati resterà per molti un esempio di compassione; arrivava a farsi fare un’iniezione per rassicurare certi malati che avevano paura e rifiutavano l’iniezione... Era capace di passare una notte presso un malato isolato... riconosceva in ciascuno il viso del Cristo sofferente, « il Cristo, verme della terra »... [75]
Ecco ciò che scrive Mgr Bonneau, a proposito di Simon, al Papa, nel 1955 nella terna per chiedere un coadiutore :
"Dopo la sua ordinazione sacerdotale, è stato viceparroco in una missione di campagna, dove ha fatto molto bene, è stato apprezzato dal parroco, ma è stato, forse, un po’ troppo largo nell’amministrare il battesimo e gli altri sacramenti. Poi è stato viceparroco a New-Bell (parrocchia di Douala) e ne è diventato parroco nel 1948. Ha fatto molto bene, vede e conosce molta gente, ha molto zelo per la conversione dei pagani. Lavora molto e, in particolare, è assiduo al ministero della confessione. Si dedica molto e con carità, ai sofferenti”
E questo non é mai stato smentito in seguito, anzi…
Per l'Eucarestia, dicono i testimoni, aveva un grandissimo rispetto… Celebrava con molta devozione, l'hanno anche visto piangere al momento della consacrazione poi, riprendendosi, chiede all'assistenza di pregare per i suoi peccati. Raccontano pure che un giorno, durante la distribuzione della comunione, vede arrivare, in fila, un ragazzo del convitto, che, il giorno prima, aveva maltrattato uno più piccolo di lui. Rimette l'ostia nella pisside e dà uno schiaffo al ragazzo : "non ti vergogni di fare la comunione quando hai maltrattato tuo fratello più piccolo?"
Spesso, la notte la passava, almeno una buona parte, in chiesa ai piedi del tabernacolo, per una adorazione profonda.
Scrive Carlo de Foucauld a Monsignore Guérin :
"Se io amo il digiuno e la veglia è perché Gesù li ha tanto amati: invidio le sue notti di preghiera in cima ai monti, vorrei tenerGli compagnia, la notte è l'ora del colloquio intimo, l'ora della conversazione d'amore, l'ora della veglia sul cuore dello Sposo... Ahimè, son così freddo che non oso dire che amo; però vorrei amare! Vorrei questi lunghi intimi colloqui notturni..."[76]
Ci sono tre grandi momenti nella preghiera di Baba Simon, come lo raconta il suo figlio spirituale Giovanni-Battista Baskouda :
"Il primo consiste in un lungo ascolto, un silenzio denso e una concentrazione intensa. Lì si invoca Dio. Lo si invita e ci si prepara ad incontrarlo. Si attraversa una specie di volta spirituale. Dio è lì e vorrebbe esprimersi.
Il secondo momento apre al dialogo. Ora Dio fa domande e voi rispondete. E’ la confessione, l’esame di coscienza, il dialogo a cuore aperto, il pentimento. Dio è lì per alleggerire e sollevare. Vi libera dei pesi della vita e vi dà la sua grazia, cioè la pace del cuore e la gioia di vivere. Colmi di questi benefici, voi cominciate a lodarlo.
L’ultimo momento è quello della lode. A sua volta Dio fa silenzio e ascolta. Davanti a questo amore immenso, ogni creatura loda Dio e canta la gioia che gli procura il suo santo Nome. Egli si è abbassato così tanto, fino alla nostra natura umana, per innalzarci fino a lui. Ecco la grazia. Per questo dono, noi lo lodiamo." [77]
Capo del popolo di Dio lo era certamente, ma esercitava questo ministero in spirito di servizio e di umiltà.
"Un Sabato Santo, dopo la Messa di mezzanotte, le Suore Serve di Maria avevano invitato degli amici venuti da Maroua per la Veglia Pasquale. Questi avevano portato dei dischi per animare poi la serata. Comincia la danza e uno dei ragazzi del convitto va dire a Baba Simon che le suore stanno facendo festa. Senza pensarci due volte, si precipita nella sala da pranzo delle suore, le rimprovera con violenza e dà persino uno schiaffo a uno degli illustri invitati. Li sgrida, perché avevano pensato ad organizzare una serata di danza mentre Gesù soffre sulla Croce. Credeva che fosse ancora Venerdì Santo!
Tutti i presenti erano frastornati. Lo stesso Jean-Marc Ela, sacerdote, era presente e fu rimproverato per non essersi opposto a questa festa. Si arrabbiò, le suore cercarono di consolare come potevano gli ospiti… Un dramma… Il mattino dopo, presto, decisero di andare parlare a Baba Simon, per esprimere il rincrescimento per quanto era successo. La capanna di Jean-Marc fu il luogo di questo incontro storico e burrascoso. Poi Baba Simon riconobbe solennemente il proprio errore, si mise in ginocchio davanti alle suore e a Jean-Marc per chiedere perdono. Le suore non riuscirono a trattenere le lacrime davanti a questo gesto inatteso e commovente. Lo sollevarono, anche se non voleva, perché era troppo duro vedere il loro “padre” ai loro piedi a implorare il perdono.
Perdonare per essere perdonati. Baba Simon diceva che il pentimento è un gioiello unico, che viene dall’amore immenso di Dio." [78]
Al paragrafo due, la Presbyterorum Ordinis parla delle relazioni dei Preti con gli altri.
Primo: con il vescovo.
Su questo punto tutti i vescovi che l'hanno conosciuto sono d'accordo nel riconoscere il suo rispetto esemplare per la loro funzione, e così pure la sua semplicità. Scrivera Mgr de Bernon:
"Ho ricevuto un grande beneficio dai contatti che ho avuto con questo sant’uomo, e poichè questo è durato un buon numero di anni, non lo dimenticherò tanto presto." [79] Ed in un altro scritto : "Per me, personalmente, dato che ho almeno vent’anni meno di lui, è una grande fortuna e una grazia molto forte aver conosciuto quest’uomo."
Monsignor Yves Plumey, fondatore delle missioni della regione scrive : "Baba Simon dimostra sempre una grande delicatezza e il suo rispetto per l’autorità nelle sue relazioni con le persone che hanno una responsabilità al servizio della chiesa." [80]
Secondo: con gli altri sacerdoti :
Il vicario generale di Maroua di allora dice : "Con i confratelli era di una grande delicatezza, considerava ognuno come un fratello." Racconta uno di loro, francese, al quale la solitudine pesava ogni tanto :
"Una volta, era il primo giorno dell’anno, ero qui a Mayo-Plata, tutto solo… Vedo arrivare una macchina… Baba Simon scende e con un gran sorriso mi dice : "Pensavo che eri solo, allora sono venuto tenerti compagnia per la festa." [81]
Ricordiamo pure l'affermazione già menzionnata del suo primo parroco, spiritano francese, a Ngovayang : "Ho trovato in lui un vero fratello, nel quale ho fiducia, come in un confratello."
Un’amicizia senza frontiere come lo vediamo…
La sua amicizia con il "vecchio fratello" Pierre Cimetière è rimasta famosa nella memoria dei primi sacerdoti della fraternità Jesus-Caritas, dice Gabriel Isaac, di Lione
"C’era tra loro due, che avevano camminato insieme nello stesso senso, per arrivare alla stessa scoperta, una comprensione reciproca. Tutti due erano uomini dello Spirito, con vedute larghe, uomini di cuore, intuitivi, e che pensano. Erano uniti dalla stessa ricerca appassionata di Cristo e del suo Regno, in una vita contemplativa nell’azione, nell’attaccamento all'Unione Jésus Caritas e nella gioia per la sua crescita." [82]
Terzo: con i laici :
Veramente, aveva, come l'abbiamo già visto, uno sguardo fraterno su ognuno, ed è vero che, "a Tokombéré, in seguito a Baba Simon, non mettiamo la fraternità come meta da raggiungere, ma come fondamento a priori di ciò che vogliamo intraprendere." Cristiani o no, ciascuno aveva diritto alla sua attenzione fraterna. Così si esprime il dottore Pierre Tubery, laico missionario a Tokombéré:
"Ho capito presto che avevo di fronte un uomo di una benevolenza luminosa e di una profondità di vedute, che traevano origine dalla semplicità della sua vita e del suo pensiero. Sia nelle conversazioni amichevoli che nella direzione spirituale, una frase ricorreva sovente: “Mettiti sotto lo sguardo di Dio” Penso che sia l’essenziale della sua dottrina. Era una gioia per noi invitarlo a mangiare a casa nostra. Le conversazioni non avevano un’etichetta di conversazione spirituale o etno-sociologica; era semplicemente la vita quotidiana sotto lo sguardo di Dio”.
Al paragrafo tre, la Presbyterorum Ordinis parla della preoccupazione dei Preti per le vocazioni sacerdotali.
Su questo punto, ancora una volta, Baba Simon puo paragonarsi a Fratel Carlo, che non ha mai visto la realizzazione del suo sogno di una fondazione...
Forse avrà meditato questa parola famosa di Fratel Carlo :
"Se il chicco di grano muore porta molto frutto... Non sono morto, per questo resto solo... Pregate per la mia conversione, perchè, morendo, porti frutto." [83]
Al capitolo terzo la Presbyterorum Ordinis prende in esame le esigenze particolari della vita dei preti.
Primo : l'umiltà e l'ubbidienza.
Credo che abbiamo già molto parlato dell'umiltà di Simon. A proposito della sua ubbidienza me piace citare questa famosa risposta di Carlo a Mgr Guérin, nel 1903, che cercava a temporizzare la partenza di Carlo di Beni Abbès : "Non vado cosi presto per mancanza alla sua ubbidienza, ma perché la più perfetta ubbidienza, e fa parte della sua perfezione, comporta in certi casi, iniziativa!" Mi fa pensare a cio che Mgr Bonneau scrisse al Santo Padre a proposito di Simon, quando la proponeva comme ausiliario :
"La sua dottrina é sicura ed é sottomesso alla Chiesa ed alla Santa Sede. Tuttavia, ha una certa tendenza a giudicare troppo da se stesso ed a interpretare le prescrizioni dell'autorità ecclesiastica… Ha un carattere dolce, ma manca di costanza; ha molto idee, iniziativi, ma non ne pesa sempre le consequenze, cio che l'obbliga a cambiarne troppo spesso…"
Come lo vediamo, si tratta d'ubbidienza intelligente, l'unica al mio parere che puo portarci alla santità !
Secondo: la scelta del celibato, considerato come un dono.
Basta ricordare qui l'entusiasmo col quale ha accolto l'idea di poter essere sacerdote pur essendo un nero! "Appena ho creduto che c’è un Dio, ho capito che non potevo fare altro che vivere per lui", dice Carlo de Foucauld in una lettera di agosto 1901... "E chiaro che si e possibile diventare prete,pur essendo nero, io saro prete."… E, va via Monica ! Radicalità della vocazione !
Terzo : Atteggiamento verso il mondo e i beni terreni, povertà volontaria.
Su questo punto basta ascoltare la testimonianza del vicario generale dell'epoca, padre Tabart :
"Non era solo una fama, ma una realtà sorprendente : la povertà dei suoi abiti, della sua camera, dei suoi viaggi, a piedi scalzi, con una vecchia talare che non ne poteva più ; dava tutto, non teneva niente per sé. Osava chiedere molto, ma era per dare. Un autentico discepolo di Carlo de Foucauld.”
Possiamo aggiungere anche, per Baba Simon, alcuni aspetti rilevanti e profetici del suo sacerdozio, che non appaiono nella Presbyterorum Ordinis :
Primo : Il suo amore per la Chiesa e per gli uomini ne ha fatto il primo Fidei Donum nel suo paese. E potrebbe esserci di esempio. Non può accetare che siano solo missionari stranieri ad evangelizzare il Nord Camerun. Non si deve dimenticare che, quando é partito per la prima volta per il Nord, aveva già quasi 60 anni ! E lasciava il conforto del Sud per le montagne aride del Sahel ! Ha lavorato ancora 16 anni nelle condizioni che abbiamo descritto !
Secondo : la sua volontà di dialogo colle altre religioni. Avrebbe goduto dell'incontro di Assisi nel 1986, rimpiangendo solo forse l'assenza di rappresentanti delle tribù Kirdi intorno al Santo Padre in questo memorabile giorno ! Come abbiamo visto, questo dialogo non era calcolo per fare proseliti, ma vera apertura ai “semina verbi” messi in onore dal Concilio Vaticano secondo.
Terzo : Il suo desiderio di inculturazione del Vangelo
Si è fatto "Greco con i Greci,… Kirdi con i Kirdi"
Non si interessava molto per gli adattamenti nella liturgia, anche se era aperto alla ricerca, ma era convinto che l'inculturazione e l’incontro di una cultura con il vangelo interroga la cultura e la obbliga a dare una sua risposta situata.
Quarto : La giornata di deserto che è tipica del metodo foucauldiano. L'ha sempre vissuta, ogni mese. Aveva fatto costruire una piccola capanna in cima ad una collina di Tokombéré. Lì passava un giorno al mese nella contemplazione e nella meditazione.
E’ senz'altro lì, sulla montagna, che gli sono venute queste belle parole che ci potranno aiutare a pregare anche noi :
« Dio è sorgente di vita; Dio è vita.
Agire è vivere. Agisco, dunque vivo;
Dio vive, dunque agisce;
Dio agisce in tutto e tutto vive in lui;
Nessuno può vivere senza vivere in Dio;
Dunque noi viviamo necessariamente di Dio e in Dio.” [84]
Bisognerebbe ancora più tempo per parlare della preoccupazione di Simon per una formazione e informazione corretta, malgrado l'isolamento della sua posizione geografica… Giornali, radio, erano per lui un modo di rimanere in contatto con il mondo e di comunicare con lui.
Purtroppo ci manca il tempo per andare più avanti, allora, per concludere questa contemplazione della vita sacerdotale del nostro fratello Simon, lasciamo la parola a Fratel Carlo che gli si addice tanto bene :
"Nostro Signore ci chiede di lasciar continuare in noi la vita che egli ha cominciato sulla terra nel seno della Vergine Maria [ .. ]. Lasciamolo vivere in noi, lasciamolo continuare la sua vita nascosta di Nazareth, lasciamolo continuare in noi la sua vita di povertà, lasciamolo continuare in noi la sua vita di carità universale, lasciamolo prolungare in noi la sua vita di umiltà, lasciamolo, con la nostra fedeltà a fare penitenza, completare in noi ciò che manca alle sue sofferenze; lasciamolo, attraverso il nostro zelo per le anime, continuare ad accendere il fuoco sulla terra; lasciamolo, con le nostre veglie e preghiere, continuare a passare le notti a pregare Dio… Facendo di ogni istante della nostra vita degli istanti della sua vita,di ogni nostro pensiero, parola o azione, dei pensieri, delle parole e delle azioni non più naturali, non più umane, ma divine, non più nostre, ma di Gesù! Facciamo in modo da poter dire ad ogni momento della nostra vita: “Vivo, ma non sono più io che vivo, è il Cristo che vive in me"!…" [85]
Possiamo pure aggiungere, concludendo, queste belle parole di Albert Peyriguère :
"Il Cristo vive in noi… Non ci lascia un solo istante, dunque non lasciatelo neppure per un istante. Qualunque cosa facciate, è in voi, è voi. Non distinguete più tra momenti in cui voi appartenete al Cristo, nella preghiera, e momenti in cui appartenete di meno a lui. Sempre siete in lui ed egli in voi." [86]
Una vita offerta e quindi feconda
"Con che cosa mi presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo ?
Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno ?
Gradirà il Signore le migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi ?
Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa,
il frutto delle mie viscere per il mio peccato ?
Cosi si domanda il profeta Michea. La risposta segue subito :
Uomo, ti e stato insegnato ciò che é buono
E ciò che richiede il Signore da te :
Praticare la giustizia,
amare la pietà
camminare umilmente con il tuo Dio." (Michea 6, 4-8)
Il piccolo Mpeke, volendo camminare sulle orme di suo padre Yomba, cerca cosa fare per corrispondere a quest'ideale... Di tappa in tappa Dio, quel "Ololumé" nascosto, lontano ed inacessibile della sua foresta tropicale, si fa prossimo...: Emanuele !
Diventato Simon al giorno del battesimo, il nostro Mpeke continua a cercare lasciandosi condurre dalla parola di Gesù, l'amore dei fratelli e una preghiera di ogni giorno... Man mano, sente risuonare, sempre più chiara, la parola divina sotterrata in ciascuno di quelli che gli é dato d'incontrare... L'ascolta, e si lascia sedurre.
Umilmente, cammina con il suo Dio che lo conduce, l'abbiamo visto, là dove non s'aspettava...
Aveva capito prima della lettera, che "L'uomo é la strada della vita quotidiana della Chiesa" come afferma Giovanni Paolo II nella Redemptor Hominis al numero 18. Allora, senza curarsi della fatica, l'ha percorsa questa strada, in su e in giù, invitando tutti a guardare gli altri con gli occhi di Gesù, figlio amatissimo e amantissimo di Dio...
A l'immagine di Paolo, Simon sa "a chi ha creduto" ! (2 Timoteo 1, 12) "Nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano, nè invano faticato." (Filippesi 2, 16)
Arrivato alla fine del suo pellegrinagio terreno, potrà cantare :
"Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola;
perché i miei occhi han visto la tua salvezza
preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele." (Luca 2, 29-32)
Si rincresce di non aver fatto tutto il possibile :
"E talmente vero che si deve fare qualcosa quando si puo ancora ; bisogna battere il ferro finché e caldo ; E quando si può lavorare, quando si é in buona salute, é a questo momento che si deve fare ogni cosa. Tutto cio che si rinvia, significa che non abbiamo voglia di farlo. Più tardi non si farà più, perché più tardi avrà anche il suo peso da portare ; A questo nuovo peso non si potrà aggiungere quello di ieri" [87]
Non s'accorge che ha lasciato nel cuore di tanti, una traccia letteralmente divina. Basta per prenderne coscienza questo racconto che fa suor Jeanne Michel.
"Un giorno del 1976 - quindi qualche mese dopo la morte di Baba Simon – mi sono fermata dal vecchio Digdan (un amico di Baba Simon, non cristiano)... Digdan é un saggio... Insieme ricordavamo.
Arriviamo alla grande disgrazia di tutta la montagna : la morte di Baba Simon.
Gli mostro la foto-ricordo... Sorpreso Digdan l'afferra con entrambe le mani e poi : "Oussé, Baba, Baba Simon, oussé, oussé!" (Salve, Salve… Baba Simon)
Gli sorride, muove la testa, gli parla velocemente come in una conversazione... Una delle sue moglie si é avvicinata ; anche a lei mostro l'imagine. Commossa pronuncia con fervore "Salve, Baba Simon" una decina di volte.
Mi azzardo a pensare a voce alta :
- E ora, dov'é Baba Simon ?
Il vecchio Digdan si concentra, poi :
- Ci sono due cose, il corpo di Baba Simon, é come il miglio che resta a terra, come l'erba che si abbandona, come l'albero che cade. Tutto ciò diventa terra. Baba diventa terra. E poi, c'é lo spirito e lo spirito va da Jigla (Dio) e vive.
- Come é, da Jigla ?
- Jigla, nessuno lo conosce, nessuno l'a visto, nessuno può dire come é da lui. Colui che dice "lo so" mente...
Io l'ascoltavo in silenzio...
- La vita continua, io Digdan, quando morirò, ho figli che hanno figli, la mia vita continua".
- E Baba che non ha figli ?
- Baba e il padre del nostro spirito e lo spirito non muore".
Ha lasciato nel cuore di tanti una parola forte, a volte fastidiosa, sconcertante, ma che eleva alle altezze di Dio.
Ascoltiamo ad esempio la testimonianza di Annick Chevrier :
"Momento forte e indimenticabile di un certo giorno all'inizio del 1963, a Tokombéré : Era morto alla nascita il nostro bambino Yves all'ospedale della missione di cui Baba Simon era il responsabile. Alcuni mesi piu tardi, passando per pregare sulla tomba e salutare poi Baba Simon, arriviamo al momento stesso in cui si stava sepellendo vicino a Yves, un altro bébé : Anna. Gridi e pianti di tutta la famiglia africana, veramente tutta un'atmosfera che poteva riaprire anche la nostra ferita !
Che cosa ha detto, che cosa ha fatto Baba Simon ?
Niente innanzitutto.
Ci sono stati alcuni momenti di silenzio.
E poi ha riso. Ha riso come lui solo poteva permettersi di farlo in una tale circonstanza.
Poi, ci ha detto : « Bisognava che voi passaste qui oggi. Non ieri, non domani. No ! Oggi e ora, nell'ora stessa del sepellimento di questa bambina che vi ricorda decisamente quello del vostro !.. Concludete voi stessi! » E aggiunse, ammirando il cielo : « Ah, Dio ci stupira sempre ! »
Noi non siamo stati scandalizzati, ma, conoscendo Baba da tanto tempo, siamo stati letteralmente trasportati in alto, in quel mondo invisibile e spirituale, con il quale egli era in contatto permanente. La vita… la morte… non c'é che la vita, la vita eterna e, sul nostro cammino terreno, quelle sorprise che Dio ci prepara, come per ricordarci l'offerta di noi stessi e delle nostre vite."
Il pastore protestante Congolese Kä Mana dice in una delle sue ultima opere consacrate alla nuova evangelizzazione.
"Baba Simon a costruito un ponte tra l'universo culturale e spirituale Kirdi e l'universo morale e spirituale cristiano. Egli si stabilì nella regione del Nord-Camerun, non come un maestro della Verita assoluta e splendida da consegnare ma come il testimone di Gesù Cristo di cui la vita stessa doveva essere un messaggio.
Nella situazione che stava cambiando, bisognava convincere i saggi della societa Kirdi di far entrare i loro figli in una nuova parola : quella che avrebbe aperto su un mondo nuovo senza rinnegare la parola ancestrale et la sagezza secolare del popolo.
Baba Simon ha saputo fare del dialogo per la promozione della Vita la vera roccia d'un Vangelo credibile. Perché egli costruiva sulla roccia, avrebbe sigillato con le popolazione del Nord un vero atto di vita.
Tokombéré é oggi un vessilo di speranza per l'Africa : modello di uno sviluppo integrale fondato sui valori della fede cristiana. Valori morali e spirituali concretamente vissuti in un programma di promozione globale dell'uomo, di participazione communitaria alle iniziative pastorali e sociali cosi come il miglioramento delle condizioni materiali e vitali dei Kirdi.
Baba Simon dovrà costituire una vera sorgente d'ispirazione per tutti quelli che sono sensibili alle esigenze del cristianesimo della Vita e a una spiritualita di speranza per i popoli dell'Africa." [88]
Un aspetto, che a me tocca molto, della vita di Baba Simon è la sua "conversione" vissuta a più di 50 anni. Chi tra noi, qui presenti, sarà capace o lo é stato, passata la cinquantina, di sedersi sui suoi principi, a causa di Gesu e del Vangelo ? (Anche se alcuni dicono che il miglior modo di essere "a cavallo sui principi e di sedersi sopra") Simon aveva più di cinquant'anni quando, incontra per la prima volta il messaggio di Carlo de Foucauld, tramite i suoi "discepoli". Ne aveva quasi sessanta quando ha lasciato le comodità del Sud per affrontare il sole ardente delle roccia del Nord-Camerun. E lì, nel dialogo con i Grandi Sacerdoti della religione tradizionale dei Kirdi, ha accettato veramente di lasciar stare i suoi principi per lasciare a Dio di condurlo dove non aveva previsto…
Vorrei qui citare ancora una volta il "vecchio fratello" Pierre Cimetière in un suo testo indirizzato ai sacerdoti delle fraternità:
"Se il Signore ci ha chiamati non é per lasciarci tranquilli. E' necessario che Egli tagli, nel più profondo di noi stessi, tutto ciò che impedisce di amarlo. Gesù non ha altri mezzi da offrirci se non le scelte più dure e più crocifiggenti. Il discepolo non è più del suo maestro. Se ci impegniamo seriamente, allora possiamo disporci a questo lavoro di Dio che spesso ci proverà duramente. Non sarà spesso ciò che noi avevamo previsto o scelto per generosità o per desiderio di sacrificio. Gesù vuole santificarci non tramite i nostri mezzi ma per mezzo dei suoi, che sempre saranno, anche quando pesanti, i mezzi del suo amore perché ci vuole totalmente suoi. Lasciarci modellare dal Signore, abbandonarci nelle sue mani, non vuol dire annullare la nostra volontà, lo slancio personale, perdere il realismo e la continuità, al contrario, ci vuole foggiare con una lunga serie di idee e di ostinazioni amorose... I momenti più decisivi saranno i più duri e saremo tentati di abbandonare l'impegno. Sovente quando tutto si svolge nella più profonda oscurità è lì che la nostra fedeltà può diventare più autentica. Quando non se ne può più, quando ci dibattiamo, allora sentiamo il bisogno di gettarci ai piedi di Gesù, dichiararci vinti e capitolare, cioè rinunciare a tutto ciò che siamo e abbandonarsi completamente a Lui. Ma potremo così guadagnare tutto, perché avremo trovato Lui... In fondo non esiste che un problema: centrare tutta la nostra vita sulla persona vivente di Gesù, scoprirlo nell'adorazione, nel Vangelo, nel deserto e collocarlo al centro della nostra vita diocesana." [89]
La fede di Baba Simon ha il suo centro in Gesù Cristo. E chiaro, e l'abbiamo visto a lungo in questo ritiro, la fede di Simon ha, come lo dice Emilio Grasso :
"Il suo centro in Gesù Cristo. "Per me - affermava - Gesù Cristo è tutto. Gesù Cristo è la vita, è l'incarnazione dell'umanità. L'incarnazione è Dio che sposa la natura umana. Gesù Cristo è il culmine della creazione... In lui è l'umanità intera che si è incarnata." Questa centralità di Gesù Cristo permette, quindi, di dire che Baba Simon non ha portato ai Kirdi una religione, un'ideologia, un qualsiasi sistema di valori. Amava ripetere: "Sono venuto a portar loro un Amico. Al di qua e al di là della religione, vi è innanzitutto un messaggio di fedeltà: Emanuele, Dio con noi. Gesù Cristo, la manifestazione sublime della fedeltà di Dio per l'uomo" [90] [91].
E' la comprensione radicale e vissuta che l'amore di Dio e quello dell'uomo sono un unico e stesso slancio del cuore che e stata la forza di Simon. Possiamo adesso lasciare la parola a Jacques Maritain :
"L'amore per il prossimo é lo stesso amore per Dio. Consequentemente l'amore fraterno ci unisce a Dio facendoci più somiglianti a lui. Quando noi proviamo ad amare gli altri come Gesù li a ha amati, guardandoli con gli occhi di Gesù, l'amore fraterno diventa, meglio di ogni idea, un cammino per'unirsi a Dio oscuramente e sperimentalmente, nell'ampiezza senza limite di questo Amore. Ciò suppone un'avvicinamento evangelico agli altri, un'atteggiamento di vera gratuita, che non si attende niente di ritorno. Li si ascolta, Si e pronti a servirli, ci si rende prima di tutto attenti a ciò che loro sono, al loro valore infinito di essere amati da Dio. E' questo un atteggiamento contemplativo verso il prossimo. Ciò chiama a spossessarsi, un vero distacco, non ci si appartiene più. L'amore fraterno é allora cosi esigente e impietoso come l'amore di Dio. Cioé esige che si esista con gli altri. Esistere con. E questa una vera contemplazione, ma di un genere particolare. E' la contemplazione sulle strade lungo le quali Gesù di Nazareth ci conduce, al suo seguito, verso i piccoli, per farci scoprire con essi il viso amante del Padre." [92]
Queste "note" di Maritain, che sembrano scritte per Simon, le ho trovate citate da Antoine Chatelard in conclusione del suo "Carlo de Foucauld, un cammino verso Tamanrasset"... Mi é piaciuto fare il raffronto nel contesto della nostra contemplazione dell'azione di Dio in due "fratelli nostri" che hanno attinto alla sorgente evangelica la forza di vivere e di far vivere tanti altri dopo di loro...
Quanti cristiani, fanno comme il discepolo cretino del maestro cinese... Il dito del maestro mostrava la luna e quel cretino guardava il dito ! "Amvedi che scemo !" come dicono a Roma !
Gesù, Verbo incarnato, ci mostra nello stesso movimento della sua incarnazione, e Dio e l'uomo... E noi, cretini guardiamo Cristo ! Lasciamoci guidare da Cristo come si sono lasciati guidare Simon e Carlo : Incontrando Cristo, si sono messi in cammino con lui per salire verso Dio, passando per l'uomo, riconosciuto fratello e strada verso Dio...
Ascoltiamo ancora una volta la parola di Fratel Carlo che ho messa in intestazione dei nostri esercizi :
"Guardiamo i santi, ma non attardiamoci nella loro contemplazione, contempliamo con essi colui la cui contemplazione ha riempito la loro vita. Approfittiamo dei loro esempi, ma senza fermarci a lungo né prendere per modello completo questo o quel santo, e prendendo di ciascuno ciò che ci sembra più conforme alle parole e agli esempi di nostro signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù."
Aggiungerei : Non attardiamoci neanche a Cristo in quanto uomo singolo o come ostia, pura certo ma ogni tanto disincarnata, col rischio magari di trasformarlo in idolo o rifugio troppo localizzato... Non attardiamoci a Cristo ma, insieme a lui, fratello primogenito della famiglia umana intera, giriamoci verso Dio che ci conduce ai nostri fratelli...
Se veramente cerchiamo a compiere la volontà di Dio, se addirittura vogliamo servire il suo disegno... Allora guardiamo come agisce... Come agisce Dio.
Primo : Ama.
Questo lo possiamo fare anche noi. Basta lasciarsi guidare dallo Spirito e non dai nostri sentimenti.
Secondo (che non è temporale) : Da niente Crea.
E' comune dire che non possiamo creare da niente perché non siamo Dio. Noi saremo solo pro/creatore, chiamati a creare per Dio. Il che significa lasciarlo creare per mezzo di noi... Attenti, ancora qui, agli idoli. Qual'é il Dio che crea in me ? Se nell'umiltà vera che é consapevolezza che il nostro essere é totalmente limitato ma nemmeno totalmente chiamato all'eternità, se lasciamo fare il Dio vero, in questà umiltà vera, allora ci accorgeremo che, nonostante ciò che potevamo pensare, noi non siamo solo pro/creatori ma veramente creatori! Cos'é stato Carlo di Foucauld se non un creatore ! Ha generato tanti figli ! (anche se cosi brutti gli uni dagli altri. Siamo noi !) Dio pure ne ha avuto un sacco di brutti figli !
Lo stesso lo possiamo dire anche di Baba Simon e di tanti altri, che abbiamo incontrato un giorno o l'altro, e che abbiamo lasciare camminare in mezzo a noi, in mezzo alle nostre preoccupazioni quotidiane... Erano e sono Gesù che cammina in mezzo a noi da Emmaüs fino a ... la dové ciascuno di noi porta il peso del giorno e del calore... E, come loro, possiamo essere, pure noi, presenza di Gesù che cammina in mezzo agli uomini...
Terzo : Ascolta e si lascia colpire.
E lo stesso, ascoltare e lasciarsi colpire. Perché ascoltare non é solo sentire. I nostri fratelli Mada (una delle etnie di Tokombéré) per ascoltare usano una espressione che si potrebbe tradurre "appogiare l'orechio su" (nakelshime). E' molto pericoloso ascoltare : Sia che ciò che ascoltiamo é troppo duro a intendere e quindi lasciamo stare... (Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Gv 6,66 ) sia che ci porta là dove non avremmo previsto andare... (Cf. Gv 21, 18)
Quarto : Rilieva, fa crescere, salva.
Ci tira su. Ci tira fuori che é il significato della parola ebraica usata per dire salvezza. E lo stesso verbo usato per dire "tirare fuori del pozzo".
Capisce Dio (magari non é idiota e di più é lui che l'ha pensata all'origine!) che l'Uomo, culmine della sua creazione, non e fatto per sguazzare nel fango, ma per crescere ad immagine sua e quindi ad esprimere la sua dignità infinita.
Beata Teresa di Calcutta ha camminato in mezzo a noi per questo... poi adesso continua, come Gesù ed insieme a lui, la sua ascesa verso il vero Dio...
Quinto : Manda il Figlio per essere presente lui stesso, Emanuele, il Dio prossimo... a camminare in mezzo a noi.
Se l'é dovuta imparare a camminare, perché nella sua potenza infinita Dio, per definizione, é stabilito eterno... E se non ci fosse stata Maria, chi avrebbe potuto insegnare a Dio a camminare in mezzo agli uomini ? Aveva gambe troppo lunghe e bracchi troppo potenti ! Chiedete un pò al nostro simpatico antenato Giobbe che ha preteso di fare il forte contro Dio !
Meglio chiedere a Lazzaro... Nel frattempo, Dio aveva avuto il tempo di imparare a riposarsi in modo umano, a piangere con lacrime umane e non piu a far diluviare, a mangiare e a saziarsi di un unico piatto di lenticchie (si era stufato dei banchetti di bue ed agnelli per migliaia !) Tutto questo gli hanno insegnato uomini e donne come voi ed io... Maria, Marta, Pietro, Giovanni e tanti altri... E poi loro adesso continuano, come Gesù ed insieme a lui, la loro ascesa verso il vero Dio...
Le vedete anche voi tutti quelli che vedeva Baba Simon nel sogno dell'ascensione...? E se guardate bene vedrete che ci siete pure voi, in questa infinita ascesa verso l'unica sorgente di ogni vita !
Lasciamo la grazia di Dio camminare e fare la sua ascensione in mezzo a noi !
[1] Maximum Illud, 30 novembre 1919
[2] E cosi che chiamiavano i parrochi a quest'epoca.
[3] In Michel Becquart, Pierre Cimetière, rien ne vaut que l’amitié », le Centurion, 1980 p. 69 ss.
[4] Michel Becquart, op. cit., pp. 32-33
[5] Diario di un Piccolo Fratello di Mayo-Ouldémé
[6] Lettera à Annie Dufour, 21-11-1972
[7] Idem
[8] Testimonianza di sac. Georges Mas
[9] Lettera à Annie Dufour, 21-11-1972
[10] Voyageur dans la nuit, 208
[11] Antoine Chatelard, Charles de Foucauld, le chemin vers Tamanrasset, Karthala, Paris, 2002, p. 134
[12] Titolo di un famoso libro di ………….
[13] Qui peut résister à Dieu, 41
[14] Elie Wiesel, "La nuit", Editions de Minuit, 1958, pp. 103-105
[15] Prier 15 jours avec Charles de Foucauld, Nouvelle Cité, Montrouge, 1998, p. 34
[16] L'aventure de l'amour de Dieu : 80 lettres à Louis Massignon, présentées par Jean-François Six, Ed. du Seuil, Paris 1993, pp. 127 et 197
[17] Cf. a proposito : Antoine Chatelard, op. Cit. p. 149-150
[18] Intervista TV francese.
[19] André Louf, Au gré de sa grâce, Desclée de Brouwer, 1989, pp. 18-20
[20] Articolo di Henri Pélicier in Missioni OMI, Mars 1979, pp. 40-47
[21] Intervista TV francese
[22] Jean-Baptiste Baskouda, Baba Simon, apôtre que j’ai connu, manoscritto inedito, p. 67-68
[23] Œuvres spirituelles - Anthologie, textes réunis par Denise Barrat, Seuil, Paris, 1958, 88-89
[24] Costituzioni dei Piccoli Fratelli, articolo 30
[25] N° 11, § 2
[26] Henri Pélicier, op. cit.
[27] Testimonianza sac. Georges Mas
[28] Diario regionale italiano n° 92 p.33
[29] Règlements et directoire, 303-304
[30] Qui peut résister à Dieu, 112
[31] Idem, 112
[32] Lumière du Monde, Août 1977
[33] Cette chère dernière place, Lettre à mes frères de la Trappe, présentées par A. Robert et P. Sourisseau, Ed. du Cerf, Paris 1991, pp. 149-150
[34] Lumière du Monde, Août 1977
[35] Baba Simon apôtre que j'ai connu, Baskouda, manoscritto inedito, p. 96
[36] Ecrits spirituels, publiés par René Bazin, De Gigord, Paris 1923, réédité en 195, p. 226-227
[37] Lettera a Annie Dufour, 21/11/1972
[38] Diario personale 08/12/1974
[39] Lettre à Annie Dufour, 02/07/1972
[40] Lc 3, 22
[41] Note manosritte, inedite.
[42] id.
[43] Intervista TV francese
[44] Gaudium et Spes, n° 22 § 1
[45] Le Cerf, Paris 1988.
[46] G. Cador, « On l'appelait Baba Simon », Pucac – Terre Africaine, Yaoundé, 2002, pp. 221-222.
[47] Riferenza da ritrovare…
[48] Conseil paroissial de Tokombéré, Paroles de Fondation, Tokombéré, 1998, p.7
[49] Marie-Abdon Santaner, L’esprit au cœur de la vie, Mediaspaul, Paris 1997, p. …
[50] Règlements et directoire, 647
[51] Lettre à Annie Dufour, 1971
[52] Note manoscritte, inedite.
[53] Michel Becquart, op. cit., p.106
[54] Règlements et directoire, 647
[55] Jean-Paul II, Exhortation Apostolique Ecclesia in Africa, 14 septembre 1995, n° 69
[56] Paul VI, Exhortation Apostolique Evangelii Nuntiandi, 8 décembre 1975, n° 31
[57] Bisognerebbe trovare la citazione originale
[58] Intervista a J.B. Baskouda, 1975
[59] Intervista TV francese
[60] Grégoire Cador, op. cit., p. 167
[61] Intervista J.B. Baskouda, 1975.
[62] Grégoire Cador, op. cit., p. 167
[63] Citation de J.B. Baskouda reprise par Mgr Yves Plumey, in « Mission Tchad-Cameroun », Editions Oblates, janvier 1990, p.334
[64] Addattato del diario di Fratel Carlo per i bisogni della causa.
[65] L’aventure de l’Amour de Dieu, op. cit., 210
[66] Baba Simon amava parlare di Gesù con questo termine mada. Non dimenticare che Tokombéré é circondata di montagne e che il vertice (Ngar) é un'immàgine forte nella cultura locale.
[67] La dernière place, 174-175
[68] Intervista J.B. Baskouda, 1975
[69] J.B. Baskouda, Testimonianza a Edéa, 1977, inedito
[70] Intervista J.B. Baskouda, 1975
[71] in Pélicier, op. cit.
[72] Cf. St Léon commentaire sur les Béatitudes" (Vendredi de la 22ème semaine du bréviaire en Français)
[73] Georges Gilson, «Les Prêtres, la vie au quotidien», Desclée de Brouwer, Paris 1990, p. 18
[74] Grégoire Cador, op. cit., p. 189
[75] Lettera ai confratelli di Jesus-Caritas, 1959
[76] 27 febbraio 1903
[77] Baskouda, «Baba Simon, apôtre que j'ai connu », manoscritto inedito.
[78] Baskouda, «Baba Simon, le père des Kirdi.», op. cit., p. 89
[79] Lettera a Mgr Tonyé, 1975
[80] Yves Plumey, Mission Tchad-Cameroun, op. cit. p. …
[81] Testimonianza sac. Georges Truchot
[82] Michel Becquart, op. cit., p. 71
[83] Œuvres spirituelles, op. cit., p. 399
[84] J.B. Baskouda, «Baba Simon apôtre que j'ai connu », op. cit.
[85] Règlements et directoire, 303-304
[86] Albert Peyriguère citato da Michel Lafon in, « Prier 15 jours avec Charles de Foucauld », op. cit., p. 49-50
[87] « Méditation sur l'Ascension », 1975, inedito
[88] La nouvelle évangélisation en Afrique, Karthala - Clé, Paris, 2000, pp. 132-134
[89] In Michel Becquart citato dal Diario Italiano n° 92 pp. 18-19
[90] J.B. Baskouda, «Baba Simon, le père des Kirdi», op. cit., p. 39.
[91] Emilio Grasso, «Baba Simon, nuovo volto della missione in Africa», nella rivista Ad Gentes, n° 6, 2002, n°2, p. 281
[92] in Antoine Chatelard, op. Cit., p.298